Con l’avvicinarsi delle elezioni previste per giugno, il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan continua a minacciare una nuova invasione della Siria del nord e del nord-est ai danni dell’Amministrazione autonoma del Rojava. Gli incontri tenutisi a fine dicembre tra i funzionari dell’intelligence e della difesa del governo turco e di quello siriano del presidente Bashar al Assad hanno riportato al centro dell’attenzione la possibilità che gli avvertimenti di Erdoğan diventino effettivamente realtà, nonostante le proteste degli Stati Uniti.
Durante il faccia a faccia a Mosca infatti è stata anche discussa la possibilità che le due parti agiscano insieme per “combattere tutte le organizzazioni estremiste [presenti] in Siria”, facendo così riferimento non solo alla galassia jihadista ma anche a quella curda. Quest’ultima è da sempre percepita come un pericolo dal presidente turco e lo stesso Assad ha tutto l’interesse nel vedere schiacciato l’esperimento democratico e rivoluzionario del Rojava e nel riprendere possesso di una parte della Siria.
Tuttavia, nonostante questo importante passo avanti, le relazioni tra Ankara e Damasco non sono ancora state del tutto ripristinate e il desiderio di Erdoğan di lanciare una nuova operazione di terra contro la Siria del nord-est dovrebbe fare i conti anche con l’opinione pubblica interna, la cui preoccupazione primaria resta il superamento della crisi economica. Al momento è dunque improbabile che la Turchia invada nuovamente il Rojava, ma il progetto di una nuova operazione in Siria, con o senza il beneplacito di Russia e Stati Uniti, è ancora sul tavolo.
Considerando gli equilibri geopolitici del Medio Oriente la questione sembrerebbe non interessare direttamente l’Italia; le cose in realtà stanno diversamente. La potenza militare che la Turchia è in grado di dispiegare contro la Siria e l’Iraq del nord è tale anche grazie a…