Può non essere vero un aneddoto raccontato da Giulietto Chiesa, secondo cui Bill Clinton – all’epoca ex governatore dell’Arkansas e candidato democratico alla Presidenza degli Stati Uniti – sarebbe stato un giorno convocato da un gruppo di finanzieri e banchieri ‘in un noto ristorante di Manhattan, non lontano dalle Twin Towers’. Gli anfitrioni gli avrebbero spiegato che – se davvero voleva diventare Presidente – il candidato democratico doveva impegnarsi a promuovere, da subito, la piena e libera circolazione del capitale, interprete della supremazia americana nel mondo. ‘Lo sventurato rispose’. Il lapidario, manzoniano commento di Chiesa.
Che Clinton sia stato poi sventurato come la monaca di Monza, è assai discutibile, mentre può dirsi che effettivamente l’uomo venuto dal Sud mantenne quella promessa, e che proprio da quella promessa mantenuta sono derivate all’America e al mondo intero non poche sventure.
Quanto a Bill Clinton, può forse riconoscersi in lui uno dei presidenti americani più fortunati. Oltre a non essere stato assassinato o vittima di attentati, oltre ad avere superato indenne una serie di scandali e scandaletti ‘privati’, ebbe la buona sorte – non si sa quanto voluta o incoraggiata – di salire al potere in un momento di grande, impetuosa ascesa economica del suo Paese. Ma ebbe – Clinton – anche la buona sorte di uscire di scena prima di essere chiamato a governarne la caduta, altrettanto rovinosa, seguita in particolare allo scoppio della ‘bolla’ economico-finanziaria dei subprime.
Questa circostanza può spiegare le valutazioni contrastanti circa la presidenza Clinton, che potremmo chiamare di ’Billary Clinton’, dato il ruolo avuto in quella presidenza e oltre dalla moglie Hillary. Alcuni ne esaltano la cavalcata vittoriosa, il ‘surfing’ sull’onda dell’eccellente stato di salute dell’economia; altri individuano in lui il responsabile – a distanza di tempo – dei suc…