Silvio Berlusconi è un uomo concreto. Non gli sono mai piaciute le fumisterie intellettuali e le astruserie della politica. Preferisce i fatti.
Eppure la politica l’ha sempre fatta. È vero: la discesa in campo, la nascita di Forza Italia e il primo trionfo elettorale, risalgono al 1994, ma lui è sempre stato, a suo modo, anche un “uomo politico”. Fin dagli anni Settanta quando, imprenditore di successo, ostenta disprezzo per i politici di professione, che parlano in maniera incomprensibile e sono astratti, non sanno raggiungere quei risultati concreti a cui sanno invece puntare gli imprenditori. La politica è il regno delle parole, l’impresa è il regno del fare.
L’uomo simbolo della politica che a Berlusconi non piace è Aldo Moro.
“Ogni volta che apre bocca” dichiara “ci vuole un esercito di esegeti per interpretarlo. Questi capi storici hanno il culo per terra ma ingombrano la porta.”
Mostra di disprezzarla, la politica, e tuttavia ne è inesorabilmente attratto. Sa (fin della sua prima licenza edilizia ottenuta per la palazzina di via Alciati) che la politica serve e va usata, perché è un potere che incrocia necessariamente gli affari. E gli affari possono essere danneggiati dalla politica: quella “astrusa”, da combattere. O, al contrario, possono essere aiutati dalla politica: quella utile, da sostenere, foraggiare, o addirittura fare in prima persona.
Silvio il populista
In ogni modo, Silvio è istintivamente populista, visceralmente anticomunista, tendenzialmente autoritario. I riti della democrazia gli appaiono bizantinismi, perdite di tempo. Preferisce, con mentalità aziendale, conquistare il consenso e poi comandare. Grandissimo venditore, ritiene che tutto si possa comprare.
Impara presto, da giovane imprenditore, che della politica non si può fare a meno. Allora sceglie – quando ancora c’erano i partiti della Prima Repubblica – i politici a cui si sente più vicino. Gli piacciono alcuni uomini della Democrazia cristiana, il partito che aveva la maggioranza e che era sempre al governo. Dentro la Dc, sostiene gli esponenti della destra tecnocratica del Nord. Ne fa i nomi in un’intervista concessa nel 1977 a Mario Pirani: Roberto Mazzotta, Mario Usellini, Mario Segni, Filippo Maria Pandolfi, Umberto Agnelli (“un industriale che si è impegnato in politica”). Dimostra, lui così “impolitico”, di conosce…