Il separatismo nel Donbas: un comodo cavallo di battaglia

Immaginate il Donbas negli anni Novanta. Le élite locali, composte di fuoriusciti dalla nomenklatura sovietica e criminali del posto, avevano messo sotto il proprio controllo i bocconi più appetitosi dell’industria della regione: imprese del carbone, acciaieria, complesso metallurgico. Il clan non si limitò a impossessarsi dell’industria della regione, ma si trasformò in una vera forza politica, che ha unito le forze con Putin e il “soft power” russo dopo il 2004, quando il Cremlino rimase terrorizzato dalla rivoluzione arancione. È stata quella a convincere Putin che bisognava cavalcare il separatismo nel Donbas e impedire a tutti i costi il passaggio dell’Ucraina nella sfera d’influenza occidentale.

Donbas: dalle origini al referendum per l’indipendenza dell’Ucraina
Enfant terrible di Mosca e di Kyïv: così lo storico di origine americano-giapponese Hiroaki Kuromiya aveva definito il Donbas, ben prima del verificarsi degli eventi attuali, nel suo Freedom and Terror in the Donbas: A Ukrainian-Russian Borderland, 1870s–1990s: uno studio pubblicato nel 1998, sicuramente uno dei migliori in assoluto sulla storia di questa difficile regione, che tratta la questione del separatismo nel Donbas nell’ottica della terra di confine, della regione frontaliera ritrovatasi al centro di un conflitto di civiltà.

Come entità socio-culturale il Donbas è costituito per effetto di alcuni grandi processi storici.  Questa regione steppica scarsamente popolata, un tempo chiamata non a caso Dikoe pole (campo selvaggio), fu colonizzata dai cosacchi nei secoli XVI-XVII. Circa un secolo dopo (nel 1721-1722) vi furono scoperti ricchi giacimenti di carbone, il che dette avvio in queste terre a un boom industriale in cui il capitale straniero giocò un ruolo significativo: Donec’k fu fondata nel 1869 dall’industriale gallese John Hughes, da qui il nome originario dell’insediamento, Juzovka (dal cognome dell’imprenditore pronunciato juz). Dopo la rivoluzione del 1917 il Donbas divenne uno dei centri dell’industrializzazione sovietica. Così, nel bel mezzo della steppa, sorse un potente complesso industriale dominato da due grandi città, Donec’k e Luhans’k, circondate da insediamenti e centri operai minori.

Il crollo dell’URSS e la formazione di un’Ucraina indipendente misero il Donbas a dura prova. Se già al tramonto dell’Unione sovietica l’industria locale si trovava in fase di declino, la crisi degli anni Novanta le inferse il colpo fatale. Molte miniere e fabbriche chiusero, e non furono le sole. Un tratto caratteristico del paesaggio industriale locale di allora erano gli interi quartieri di condomini-fantasma oramai abbandonati dai residenti: l’arresto della produzione aveva fatto cessare anche la vita.

La crisi economica portò a una crisi di valori. Le persone, abituate da sempre a vivere secondo i tempi e i ritmi della grande industria, provavano una profonda frustrazione, il che alimentava la nostalgia per il passato sovietico. Nella storia processi simili hanno interessato anche altre regioni industriali del mondo, ma nel Donbas tutto ciò fu vissuto in modo particolarmente drammatico. E una delle principali cause alla base di tale reazione è sicuramente da ricercarsi nella cultura e nella lingua. …

La libertà accademica negata dal fanatismo filo-israeliano tedesco. Intervista a Nancy Fraser

A Nancy Fraser è stato impedito di tenere un ciclo di conferenze all’Università di Colonia. Sebbene il tema designato fosse il lavoro nella società capitalista, alla filosofa è stato proibito di parlare per aver firmato la dichiarazione “Philosophy for Palestine”. Una violazione della libertà accademica frutto di quello che Susan Neiman ha definito il “maccartismo filosemita” della Germania, Paese in cui ormai ogni voce critica nei confronti di Israele viene messa sistematicamente a tacere.

Nuova questione morale: la sinistra e il fantasma di Berlinguer

A sinistra si continua a citare Berlinguer e a sbandierare il tema della questione morale. Ma i recenti fatti che hanno travolto la giunta regionale di Michele Emiliano ci ricordano che nel sistema Italia il marcio è diffuso ovunque, a partire dalle realtà locali. Non si può risanare tutto il sistema politico nel suo complesso ma a sinistra ci si può impegnare partendo da casa propria, cercando di costruire un nuovo autentico soggetto progressista anziché puntare ai “campi larghi”.