La Costa d’Avorio è una delle economie più dinamiche di tutta l’Africa occidentale. Fin dagli albori della sua indipendenza, infatti, l’ex colonia francese ha conosciuto un afflusso imponente di persone provenienti dai paesi limitrofi, i quali hanno contribuito ad un vertiginoso sviluppo agricolo: in pochi anni la forza lavoro di giovani maliani, burkinabé, guineani ha eroso le fitte foreste per fare spazio a immense piantagioni di frutta tropicale e di palma da olio, rendendo la Costa d’Avorio uno dei principali paesi produttori ed esportatori dell’intera regione e avviando ciò che molti chiamano il ‘miracolo ivoriano’. Tuttavia, parallelamente al quadro appena delineato, all’osservatore a cui è dato immergersi nella complessa realtà ivoriana si offre uno scenario altro, che sembra non essere minimamente in congruenza con lo sviluppo macroeconomico sopra citato e con il beneficio che questo paese dovrebbe ricevere dalle risorse di cui dispone. Infatti, ricchissima di risorse naturali, nonché di giacimenti minerari, ma, allo stesso tempo al 172° posto (su 189) dell’Indice di Sviluppo Umano, la Costa d’Avorio rappresenta uno dei tanti volti di quel paradosso, caratteristico dell’intero continente nero, per cui all’enormità di ricchezze locali non corrisponde un reale benessere economico della popolazione, la quale, al contrario, rimane ancorata ad un rapporto economico di dipendenza nei confronti dei Paesi occidentali, principali importatori delle materie prime, e dei mercati internazionali, sui quali i prezzi di queste ultime vengono fissati. Emblematico, in questo senso, è l’esempio dei lavoratori del cacao nella Costa d’Avorio.
Il Paese è infatti il principale produttore ed esportatore mondiale (si pensi che circa il 40% della fornitura mondiale proviene dalla sola Costa d’Avorio) di cacao. Ma nonostante la disponibilità di materia prima, i salari che provengono da questa attività restano molto bassi: la Banca Mondiale stima che, ad oggi, il 54,9% dei produttori di cacao e le loro famiglie vivano sotto la soglia di povertà. Non solo, anche i profitti provenienti dalla trasformazione e distribuzione del cacao sono ridicoli se comparati alle quantità prodotte.
Questo reportage racconta le diverse fasi che precedono l’esportazione di questo frutto. Un lungo viaggio che inizia nelle piantagioni ivoriane e finisce nei porti di Abidjan e San Pedro, dove le fave sono caricate su grosse navi merci dirette verso le coste occidentali.
Gbetitapea
I conquistadores spagnoli furono i primi europei a conoscere il cacao, frutto già ampiamente utilizzato dalle antiche civiltà Azteca e Maya, anche sotto forma di cioccolato. Originaria dell’America centrale, quindi, questa pianta fu successivamente esportata nel continente africano dai coloni, che, in queste terre, introdussero un sistema di sfruttamento del suolo di carattere monocolturale, causando rilevanti danni ambientali e sociali, che ancora oggi affliggono le popolazioni locali. È sull’onda di queste trasformazioni agrarie ed economiche che iniziarono a prendere piede le prime grandi piantagioni, specializzate nella coltivazione intensiva e standardizzata di alcune specie vegetali, tra c…