“I nipoti di Mussolini”: identikit di Fratelli d’Italia

Le alleanze internazionali, il rapporto col fascismo storico e con la classe industriale e padronale contemporanea del partito di Fratelli d'Italia. Pubblichiamo in esclusiva un estratto dal quinto capitolo di "Mussolini's Grandchildren" del giornalista e studioso David Broder, pubblicato in Gran Bretagna da Pluto Press.

Alleati all’estero
È facile caratterizzare questo partito [di Fratelli d’Italia, ndr] in termini di estremismo residuale o ereditato: la sua base militante conserva un forte legame con la storia della Seconda Guerra Mondiale ed è tuttora ossessionata dall’abbattimento dei residui bastioni dell’antifascismo nella vita pubblica italiana. Oltre ai riferimenti storici e al riciclo di personale neofascista, possiamo notare questa genealogia nelle più recenti teorie cospirative e nella convinzione che la loro missione sia quella di impedire una distruzione dell’Europa bianca e cristiana, guidata dai marxisti. Ma la forza di questa politica è proprio il fatto che non appartiene al passato: la corrente postfascista ha integrato la sua base e le sue idee in un più ampio progetto di destra già da circa tre decenni. Nella Prima Repubblica, il MSI ha spesso sognato un intervento esterno che lo facesse uscire dalla sua posizione marginale nella politica italiana. Ma con il crollo della vecchia cultura antifascista, gli attivisti di Fratelli d’Italia non hanno più bisogno di cercare una “legittimazione”, anche da parte dei media di centro-destra. Piuttosto, possono stringere alleanze alle loro condizioni. Sebbene i rappresentanti del partito postfascista spesso si lamentino per la mancanza di rispetto che ricevono dai commentatori di sinistra, non sono vittime di alcun cordone sanitario ufficiale. Si tratta piuttosto di una parte normalizzata della democrazia italiana, che è riuscita a ridefinire il “conservatorismo” in un modo che può integrare riferimenti e personale fascista. In un panorama politico del secolo XXI segnato dalla disaffezione verso i partiti e le istituzioni consolidate, la loro ascesa non promette un “ritorno al passato”, ma una nuova politica identitaria orientata al presente.

Per lo storico Giuseppe Parlato, l’identità militante del MSI del dopoguerra era definita dal neofascismo, ma la sua più fondamentale ragion d’essere politica era l’anticomunismo.[1] L’odierno Fratelli d’Italia presenta una distinzione simile tra l’attaccamento specifico dei propri militanti alla tradizione del MSI e un’offerta elettorale rivolta a un più ampio elettorato di destra. Ma ci sono anche differenze importanti, alcune ereditate dall’epoca di Alleanza Nazionale. Una è il semplice fatto che, anche rispetto al MSI dei suoi…

Nonostante Platone, Adriana Cavarero smaschera l’ordine patriarcale

Adriana Cavarero ha dedicato la sua esistenza a decodificare il linguaggio della rappresentazione, non solo per il piacere necessario della decostruzione, quanto anche e soprattutto per proporre un nuovo pensiero del femminile, “un immaginario di speranza” che, dall’analisi del passato e dalla critica del presente, lanci lo sguardo verso il futuro, un futuro che indichi rapporti nuovi e diversi.

Fosse Ardeatine, 80 anni dall’eccidio. Intervista a Michela Ponzani

Il 23 marzo 1944 un gruppo di partigiani gappisti compiva l’attentato di via Rasella, a cui il giorno dopo gli occupanti tedeschi risposero con la terribile rappresaglia delle Fosse Ardeatine. Un legittimo atto di Resistenza a cui fece seguito un massacro deliberato. Eppure, nell’Italia attuale, in cui una parte non solo della società ma anche delle istituzioni non si riconosce nei valori e nell’eredità dell’antifascismo, tali eventi sono ancora oggetto di contesa. La ricostruzione della storica Michela Ponzani non lascia però spazio a nessuna tendenziosa ambiguità.

L’accordo fra Unione Europea ed Egitto è già un fallimento

L’Egitto è un Paese al collasso in cui, oltre alla povertà endemica, fra gli abitanti cova ancora sotto la cenere il fuoco della rivoluzione. Gli accordi stretti con il governo italiano servono ad Al Sisi per cercare di mantenere il controllo, ma rischiano per molti versi di peggiorare la situazione del Paese. L’Europa, in questo quadro, prosegue con la sua solita politica miope: pretendere di fermare i flussi umani favorendo le dittature e i loro metodi violenti e persecutori.