Lo Stato gendarme del Capitale: il lascito teorico di Margaret Thatcher

A dieci anni di distanza dalla sua scomparsa, il nome di Margaret Thatcher viene immediatamente associato alle privatizzazioni, alle chiusure delle miniere di carbone con relativa lotta ai sindacati e alla guerra delle Falkland. Ma il suo lascito più profondo e duraturo è di natura teorica e consiste nella rappresentazione di una società in cui c'è spazio solo per gli individui e lo Stato è relegato a gendarme del capitale.
Margaret Thatcher

La signora di ferro, come la definì la stampa sovietica, per via del suo carattere spigoloso e poco incline al compromesso; la nostra Maggie, come era chiamata amorevolmente dai suoi sostenitori; ma anche la ladra di latte, come fu soprannominata dalla stampa britannica in seguito alla sua decisione di porre fine alla gratuità del latte per i bambini sopra i sette anni; o, ancora, la figlia del droghiere, come era appellata dai suoi rivali nel Partito Conservatore (e, pare, dalla Regina Madre) per sottolinearne le umili origini, ma anche la distanza emotiva dalla classe operaia. Amata e odiata, rispettata e temuta, idolatrata e condannata senza appello, Margaret Thatcher (1925-2013) è stata una delle figure politiche chiave della seconda metà del Novecento. Quella che, più di ogni altra, ha incarnato la vittoriosa resa dei conti finale del nascente capitalismo finanziariamente sofisticato di matrice anglosassone con ogni possibile alternativa di società, si trattasse dell’ormai marcescente socialismo reale sovietico oppure il sogno di una terza via incarnato dalle industriose socialdemocrazie nord-europee.

Nata e cresciuta a Grantham, nel Lincolnshire, Margaret Thatcher si laureò in chimica presso l’Università di Oxford. Fu eletta come deputata al parlamento britannico nel 1959, a trentaquattro anni, nelle fila del Partito Conservatore. Da quel momento, la sua ascesa politica fu inarrestabile. Proprio del Partito Conservatore divenne leader nel 1975, diventando così la prima donna alla guida di una delle tre maggiori formazioni politiche del Regno Unito. Con il successo dei conservatori alle elezioni politiche del 1979 divenne anche la prima donna ad assumere il ruolo di Primo Ministro britannico, carica che mantenne fino al 1990, quando fu spinta dal suo stesso partito a rassegnare le dimissioni. Nel mezzo, un decennio caratterizzato da vicende e fortune alterne, solo per citarne alcune: l’inizio dello sfruttamento dei giacimenti di petrolio nel Mare del Nord, la chiusura delle miniere di carbone, lo scontro frontale con il movimento sindacale, la morte di Bobby Sands, la guerra delle Falkland, la privatizzazione delle imprese statali, il fallito attentato dell’IRA e l’inasprimento, seguito dalla distensione, dei rapporti con Mosca.

Sul piano strettamente economico, il programma di Margaret Thatcher appare oggi semplice quanto ambizioso: trasformare radicalmente la struttura economica del Regno Unito da un sistema incentrato sulla manifattura industriale, con una forte presenza pubblica e uno stato sociale generoso, a uno incardinato sulla City di Londra, ossia sul dominio della finanza, della libera circolazione dei capitali e delle forze disciplinatrici della concorrenza. Benché il manifesto con cui fu eletta nel 1979 contenesse solo un piccolo accenno alla rimessa sul mercato di poche imprese di “recente” nazionalizzazione, lo strumento principale attraverso cui Thatcher perseguì la sua missione storica fu quello delle privatizzazioni: prima della principale società aerospaziale, poi delle telecomunicazioni, del gas, dei trasporti aerei, dell’industria siderurgica e, infine, delle forniture pubbliche di elettricità e di acqua. Nel complesso, le cessioni di attività pubbliche ammontarono a sessanta miliardi di sterline, mentre la quot…

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