André Markowicz e le genealogie letterarie del conflitto in Ucraina

In riferimento all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, molte sono state le analisi sul versante della propaganda mediatica. Scarsa attenzione si è posta invece sulle posizioni di intellettuali e scrittori. Da questo punto di vista nel suo saggio E se l’Ucraina liberasse la Russia? lo scrittore e traduttore André Markowicz va a ritroso nel tempo e ricerca le cause del conflitto in atto proprio nelle visioni contenute nella letteratura russa, opponendo Dostoevskij a Čechov.
Ucraina letteratura russa

1 L’Ucraina e la liberazione della Russia dai propri fantasmi ideologici

Nel panorama culturale europeo, il dibattito intellettuale indotto dall’aggressione dell’Ucraina a opera dell’esercito di Putin è stato per lo più ridotto al conflitto tra le opposte strategie della comunicazione mediatica e della propaganda che affiancano, come docili armamenti ideologici, l’azione dei governi coinvolti negli scenari di guerra e nella profonda crisi geopolitica che ne deriva. Molto più rarefatta, per non dire totalmente oscurata, è stata l’attenzione per le prese di posizione di intellettuali, scrittori, poeti e operatori culturali riguardo le cause e le implicazioni culturali soggiacenti al conflitto politico-militare scatenato dalla Russia di Putin.  

In tale contesto, segnato da censure e rimozioni, appare emblematica la figura e l’opera di André Markowicz, nato a Praga nel 1960 da madre russa, esiliata da Stalin, e da padre francese di origine polacca, che ha trascorso la sua infanzia a Leningrado (attuale San Pietroburgo) presso la nonna russa.  Dalla fine degli anni Sessanta Markowicz si è trasferito in Francia, diventando il più noto traduttore in lingua francese dei grandi autori della letteratura russa, da Čechov a Puškin, da Dostoevskij a Bulgakov. Qui ha pubblicato, infatti, più di cento volumi di traduzioni, opere di prosa, poesia e teatro partecipando a più di cento allestimenti delle sue traduzioni anche in QuébecBelgio e Svizzera. In un breve testo recente, E se l’Ucraina liberasse la Russia? [Et si l’Ukraine libérait la Russie?], redatto nell’urgenza drammatica della guerra, Markowicz non intende intraprendere un esercizio di prognosi politica quanto piuttosto esplorare le forme e le attività che potrebbero salvare la Russia da sé stessa, cioè dall’ignominia che minaccia il suo futuro a causa di un capo autocrate e sanguinario come Putin. 

2. La letteratura come strumento di analisi: passare da Dostoevskij a Čechov  

Per Markowicz, «la guerra intrapresa da Putin lascia la Russia dinanzi allo specchio nel quale si legge una triplice mostruosità e un triplice fallimento»: il fallimento prodotto dall’ideologia panslavista, il fallimento della Chiesa ortodossa russa che benedice le armi di Putin – e il fallimento generato dalla violenza endemica che sottende i rapporti umani: «Nel corso degli anni, il Paese governato da Putin è sprofondato nella mitizzazione di una storia russa ricostruita e imposta come la sola legittima». Putin sarebbe dunque all’origine di una riscrittura – di una vera e propria falsificazione – della storia reale che aveva cominciato a palesarsi dopo qualche anno di liberalizzazione. Pertanto, «è indispensabile che la realtà dei crimini commessi in Ucraina dall’arm…

Giù le mani dai centri antiviolenza: i tentativi istituzionalisti e securitari di strapparli al movimento delle donne

Fondamentale acquisizione del movimento delle donne dal basso, per salvarsi la vita e proteggersi dalla violenza soprattutto domestica, oggi i centri antiviolenza subiscono una crescente pressione verso l’istituzionalizzazione e l’irreggimentazione in chiave securitaria e assistenzialista. Tanto che ai bandi per finanziarli accedono realtà persino sfacciatamente pro-patriarcali come i gruppi ProVita o altre congreghe di tipo religioso.

Contro l’“onnipresente violenza”: la lotta in poesia delle femministe russe

Una nuova generazione di femministe russe, oggi quasi tutte riparate all’estero dopo l’inizio dell’invasione in Ucraina, sta svelando attraverso un nuovo uso del linguaggio poetico il trauma rappresentato per le donne dalla violenza maschile, all’interno di una società patriarcale come quella russa che, con il pieno avallo dello Stato, ritiene lo spazio domestico e chi lo abita soggetti al dominio incontrastato dell’uomo. La popolarità della loro poesia e del loro impegno testimonia la reattività della società russa, nonostante la pesante militarizzazione.