Il lato sud della moneta

Con il nuovo “allineamento” politico fra i governi di Brasile e Argentina, torna sul tavolo del dibattito politico l’idea di una moneta comune del Mercosur. Un progetto che ha davanti molte difficoltà da superare, ma che potrebbe anche schiudere interessanti prospettive.
Mercosur

I tentativi di integrazione regionale del subcontinente sudamericano si trovano a un punto morto. Nell’ultimo decennio, il brusco alternarsi di governi dall’opposto orientamento nella maggior parte dei Paesi sudamericani ha disarticolato il blocco, in un contesto generale di recessione economica e di peggioramento delle disuguaglianze sociali, di insicurezza nelle metropoli e di violente dispute per la terra e le risorse nelle campagne. Il susseguirsi di colpi e contro-colpi istituzionali, lo scollamento politico-ideologico tra i governi e l’accresciuta attenzione delle agende nazionali ai conflitti politici interni: tutto questo nel suo insieme ha finito per annientare le iniziative dell’Unione delle Nazioni Sudamericane (Unasur), costituita nel 2008 all’apice della marea rosa dei governi progressisti, e del suo successivo rivale, più a destra, il Forum per il Progresso e lo Sviluppo in Sud America (Prosur).

Il Mercosur, più antico e istituzionalizzato, è sopravvissuto ma respira solo artificialmente, soffrendo della mancanza di orizzonte strategico. I governi degli Stati membri non sono chiari sulla direzione del processo di integrazione, sui suoi obiettivi e persino sulla propria rilevanza al suo interno. Sostanzialmente ridotto al mercato comune e al coordinamento tariffario per il commercio esterno al blocco, il Mercosur rappresenta un elemento dimenticato nel quadro più generale delle politiche sudamericane. Non ci sono dibattiti su quadri normativi o politiche comuni per la difesa della sicurezza sociale, la riduzione delle disuguaglianze regionali, la protezione dell’ambiente e l’armonizzazione legislativa sui diritti delle minoranze e la parità di genere. Per quanto riguarda i piani di sviluppo delle infrastrutture di trasporto e produttive di interesse comune, spicca la frammentazione accelerata delle catene logistiche, che inizia già all’interno dei singoli Paesi. Invece di essere orientate alla formazione di una massa critica, al rafforzamento del mercato interno e alla sinergia portata dai vantaggi comparativi tra i Paesi del Mercosur, le azioni sono disarticolate e, di norma, dirette al flusso di materie prime agricole, minerali ed energetiche verso i principali corridoi di esportazione. Per quanto riguarda le battute d’arresto politiche, si possono citare: la defezione dell’Uruguay in nome della negoziazione di un’apertura unilaterale con la Cina; la sospensione del Venezuela dal 2016 per il mancato rispetto della clausola democratica (Protocollo di Ushuaia) e la mancata entrata in vigore dell’accordo di liberalizzazione tra Mercosur e Unione Europea a causa della violazione degli impegni ambientali da parte del Brasile.

Con l’affievolirsi dell’emergenza pandemica e l’allineamento dei nuovi presidenti di Brasile (Lula) e Argentina (Alberto Fernández), si schiude però uno scenario nuovo per la ripresa dei dibattiti strategici del Mercosur. Innanzitutto l’opportunità si è aperta grazie all’interesse delle due maggiori economie regionali a ricostituire l’“agenda perduta” della moneta comune. Curiosamente, sia le linee economiche più ortodosse e neoliberali, sia quelle eterodosse e nazional-sviluppiste, hanno trovato un minimo consenso a favore della ripresa delle discussioni sulla moneta del Mercosur. Il nuovo ministro dell’Economia brasiliano, Fernando Haddad, dello stesso partito di Lula, ha già fatto della moneta comune un marchio personale della sua amministrazione. Rappresentando l’eterodossia moderata, Haddad vede l’integrazione monetaria come il primo passo per ricostruire la credibilità del Mercosur come asse di avvicinamento tra Stati e di regionalizzazione dell’azione sudamericana in un quadro di accresciut…

Tutto il potere agli arraffatutto: la Costituzione tradita

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Un attacco ad ampio raggio ai diritti di tutti

Dalla creazione di una scuola diseguale fino alla morte delle contrattazioni nazionali, che di fatto rinnegherebbero l’articolo 1 stesso della Costituzione, l’autonomia differenziata è un attacco ad ampio raggio ai diritti dei cittadini. Gli allarmi sono stati sollevati da più parti eppure la macchina si è messa in moto e bisogna capire come fermarla.

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Scuola: un “organo costituzionale” fatto a pezzi

La Costituzione promuove il pieno sviluppo della persona umana e la scuola riveste un compito fondamentale nel porne le basi. Ma qualora l’Autonomia differenziata diventasse realtà si creerebbe un sistema scolastico diverso in ogni Regione che configurerebbe cittadini di serie A e cittadini di serie B.