Per spiegare esattamente cosa accade in Francia bisogna partire da una constatazione: Emmanuel Macron è il Presidente eletto col peggior risultato della storia della Quinta Repubblica. Questo è uno dei motivi per cui oggi è presente un’opposizione molto forte per le strade. La situazione che viviamo è particolarmente preoccupante perché siamo all’inizio del nuovo mandato presidenziale e non sappiamo cosa ci aspetta. È preoccupante perché il Parlamento è fragile, perché non c’è una maggioranza stabile. Ci chiediamo fino a che punto un Presidente che non ha l’opinione pubblica che lo sostiene, che non ha la maggioranza in Parlamento, possa usare gli strumenti istituzionali per far passare ciò che lui e il suo governo decidono. È profondamente antidemocratico, ecco perché in tutti questi mesi si è consolidato un movimento di questa portata contro il governo in carica. Gli specialisti della politica spesso fanno parallelismi tra quello che succede oggi con il movimento anti-riforma e quello che accadde all’epoca dei Gilet gialli ma ci sono a mio avviso alcune differenze sostanziali.
In primo luogo il movimento dei Gilet gialli è stato avviato da persone provenienti dalla società civile, mentre la mobilitazione contro la riforma delle pensioni è un movimento guidato da partiti politici e soprattutto dai sindacati. Anche la forma di mobilitazione è diversa. Contro la riforma delle pensioni sono stati indetti una serie di scioperi generali di grande portata, mentre i Gilet gialli tecnicamente non avevano la forza di indire scioperi ma hanno organizzato veri e propri blocchi di vario tipo nelle periferie e nelle città. Grazie all’utilizzo massiccio dei social, i Gilet gialli sono riusciti a coordinare una serie di sit-in presso rotatorie, assemblee cittadine in tutta la Francia e manifestazioni di piazza di grande impatto. Quindi, in termini di forma della protesta, non è stata esattamente la stessa cosa. Poi ci sono luoghi nuovi che sono stati investiti politicamente dai manifestanti come le già citate rotatorie o i caselli autostradali, oppure luoghi in cui mai erano avvenute manifestazioni di grande portata come ad esempio gli Champs Elysées: dimostrazioni di grande impatto simbolico perché tenute in luoghi solitamente non adibiti a queste forme di protesta.
Di fronte ai primi successi gli stessi sindacati si erano chiesti: “Perché Macron non risponde alle nostre richieste mentre fa concessioni ai Gilet gialli?”. In verità era più facile dire no ai sindacati e sbattere loro la porta in faccia piuttosto che ai Gilet gialli, capaci di mettere a soqquadro le città e in grado di esercitare un forte impatto mediatico e politico anche all’estero. Solitamente, quando si trattava di questioni spinose, i sindacati si sedevano al tavolo col Presidente che rifiutava sistematicamente le loro richieste. I sindacati rilasciavano dichiarazioni, protestavano ma poi nulla accadeva e questo giochetto è andato avanti per lungo tempo. È proprio questa la prassi che è stata denunciata e in qualche modo ribaltata dal movimento dei Gilet gialli: i sindacati, con tutta la buona volontà del mondo, non riuscivano più a ottenere risultati, non erano più ascoltati. Il governo all’epoca, non avendo di fronte un’organizzazione e temendo che la situazione potesse degenerare in termini di mobi…