Senza l’indignazione non si fa la storia: Manzoni e la Colonna Infame

Manzoni

A 150 anni dalla morte di Alessandro Manzoni, torniamo sui parallelismi tra la psicologia della folla della sua “Storia della Colonna Infame” e quella emersa durante l’ultima pandemia. L’indignazione suscitata dalle ingiustizie scaturite dall’ignoranza e dalla necessità di dare in pasto alla folla un “untore” può essere uno dei motori della storia per perseguire una maggiore giustizia.

La resistenza non violenta in Palestina

Palestina

Lontano dai gruppi armati che combattono l’occupazione israeliana a colpi di fucile, c’è una società civile palestinese che porta avanti una resistenza non violenta. Sono voci che fanno meno rumore rispetto a Hamas, alla Jihad Islamica, o alla più recente Fossa dei Leoni. Ma le loro iniziative, anche le più piccole, sono gesti politici che migliorano l’esistenza di molte persone in un posto in cui, come dicono molti palestinesi, esistere è resistere: anche solo portare avanti un’esistenza normale nella propria terra vuol dire resistere all’occupazione.

Shatila, luci dall’inferno

Shatila

Il campo profughi di Shatila è sorto nel 1949, all’indomani della Nakba. Ci hanno vissuto intere generazioni di palestinesi: una prigione per vittime innocenti, infernale ma, come sempre con le cose umane, non priva della sua bellezza e persino della sua felicità. Un viaggio sentimentale dentro il campo attraverso i suoi abitanti e le loro storie.

I musicisti russi contro la guerra. Un anno di musica antimilitarista

russi contro la guerra

A dispetto di un presunto unanimismo bellicista che il Cremlino vorrebbe rappresentare – ma anche tanta russofobia nostrana sembra alimentare a scopi ideologici – il panorama musicale di artisti russi contro la guerra è ricco di voci dissonanti, antimilitariste, che spaziando fra generi e generazioni si manifestano contrarie a questa guerra, così come a tante guerre precedenti condotte da Vladimir Putin.

Delegittimare il dissenso a sinistra non favorisce la giustizia sociale

Giustizia sociale

Nell’attivismo per la giustizia sociale in Occidente si è fatta strada una strategia censoria, più o meno intenzionale, che consiste nel collegare ogni forma di dissenso alla “vicinanza con l’estrema destra”. Ne sono vittime innanzitutto le femministe quando provano a criticare certi tratti misogini dell’attivismo LGBT, o l’approccio normalizzatore verso l’industria del sesso e altri temi. Questo modo di fare segue due logiche delegittimanti: ogni contro-argomento proverrebbe da un luogo moralmente sbagliato, e ogni presunta critica sociale sarebbe in realtà una teoria della cospirazione. Un modo efficace, scrive la studiosa Ester Kováts, per tappare la bocca a chi la pensa diversamente e negare ogni possibilità di dibattito.

Mercanti di morte?

industria militare

Oggi si nascondono dietro l’anonimato di termini ombrello come “complesso militar-industriale” e dietro la finanziarizzazione dell’economia, ma sono sempre loro: i mercanti di morte, quelli che da secoli lucrano sulla guerra e sulle armi per farla, i foraggiatori del business dell’uccidere e del distruggere (per poi ricostruire), con un indotto di 50 milioni di persone nel mondo impiegate nell’industria militare in qualche forma.