Sulle stragi di mafia del ’93 non sappiamo ancora tutta la verità

Eccidi e attentati di trent’anni fa parlano del presente e della necessità di fare i conti con quanto è successo, individuando i veri responsabili delle stragi di mafia e dando risposte concrete a un Paese in cui la confusione del quadro politico-economico, grazie anche al martellante processo di revisione e normalizzazione in atto mischiato a nostalgie pericolose, avvantaggia soprattutto chi intende porsi come alternativa allo Stato democratico.
attentati mafia

“I fatti sono cocciuti, la morte il più cocciuto dei fatti”. Così lo scrittore siciliano Gesualdo Bufalino. Ora, se prendiamo in esame le stragi di mafia del 1993, di fatti ce ne sono molti e molti sono anche i morti. Questa lunga serie di eccidi, di cui ricorre quest’anno il trentennale, si colloca nell’ambito di un più ampio progetto terroristico eversivo, ideato nell’autunno del 1991, che le parole del capo dei capi Totò Riina sintetizzano con efficacia. “Bisogna fare la guerra per poi fare la pace”. È il principio ispiratore della mafia corleonese, che spinse la più pericolosa organizzazione criminale dell’epoca a seguire una nuova strategia, quella stragista. E guerra fu.

A partire dal 1978 – con la fine ormai prossima di quegli anni di piombo che schiacciarono Aldo Moro nella Renault rossa di via Caetani a Roma, segnando il collasso del compromesso storico – e sino al 1994, la storia occulta dell’Italia viene scritta col sangue dal cosiddetto contro-Stato, come lo chiamano alcuni, o anti-Stato, come dicono altri. Parliamo del cosiddetto deep State, cioè di quella parte delle istituzioni (politiche, militari, delle forze dell’ordine, degli apparati e dei servizi), che si muove in modo nascosto, tessendo connessioni strettissime e commerci con terroristi, estremisti politici (specie della destra extraparlamentare), potentati economici e politici di altri Paesi, piduisti, massoni e mafiosi.

Una consorteria agguerrita che sa molto bene quello che vuole e come ottenerlo, decisa a ridisegnare lo Stato italiano secondo i propri fini e interessi particolari. Magari anche in nome di un malinteso senso del “bene comune”, che spesso serve a giustificare le peggiori nefandezze. Sono in tutto 16 anni, quelli intercorsi tra le bombe al Rapido 904, l’attentato a Falcone dell’Addaura, l’omicidio Mormile e i giorni della Falange Armata, fino alle bombe di Cosa nostra, che uccisero Falcone e Borsellino nel ’92, seppellendoli per sempre in un cratere di asfalto e polvere.

Nel ’93 stragi e attentati furono tanti, troppi. E dopo questo ‘muro contro muro’ come venne chiamato allora, eretto tra criminalità organizzata e Stato furono ancora più evidenti quei segnali di trattativa tra feroci assassini, da una parte, e uomini delle istituzioni dall’altra. In realtà un vizio antico, addirittura storico in Sicilia, fino al punto di divenire quasi morbo endemico. Nel novembre di quell’anno, infat…

Tutto il potere agli arraffatutto: la Costituzione tradita

La Costituzione italiana indica la strada del regionalismo come una possibile attuazione di politiche solidali, per garantire a tutti i cittadini il godimento dei diritti fondamentali. L’ipotesi di autonomia differenziata che oggi culmina con il DDL Calderoli ma è stata avviata dai governi di sinistra con la riforma del titolo V della Costituzione fonda invece un regionalismo competitivo e accaparratore, che rischia di disgregare interamente l’unità della Repubblica italiana e della sua cittadinanza.

Un attacco ad ampio raggio ai diritti di tutti

Dalla creazione di una scuola diseguale fino alla morte delle contrattazioni nazionali, che di fatto rinnegherebbero l’articolo 1 stesso della Costituzione, l’autonomia differenziata è un attacco ad ampio raggio ai diritti dei cittadini. Gli allarmi sono stati sollevati da più parti eppure la macchina si è messa in moto e bisogna capire come fermarla.

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Scuola: un “organo costituzionale” fatto a pezzi

La Costituzione promuove il pieno sviluppo della persona umana e la scuola riveste un compito fondamentale nel porne le basi. Ma qualora l’Autonomia differenziata diventasse realtà si creerebbe un sistema scolastico diverso in ogni Regione che configurerebbe cittadini di serie A e cittadini di serie B.