Violenza ostetrica fra tabù e omertà diffusa

La violenza ostetrica è tanto diffusa in questo Paese e nel mondo quanto poco discussa, a causa di tabù culturali e vere e proprie forme di omertà, ma è un'espressione a pieno titolo di quella misoginia violenta che ancora oggi condiziona le vite delle donne. Un reportage sul fenomeno e le possibili soluzioni.

“Non ricevo l’aiuto che ho chiesto mentre le contrazioni si fanno sempre più forti, scoppio a piangere per il dolore e il negato supporto fisico e psicologico”, racconta Sandra (i nomi sono di fantasia). “Mi è stata praticata una dolorosa manovra per rompermi le acque senza preavviso e senza consenso, ho sentito di aver subito un abuso fisico e psichico che mi ha lasciato traumatizzata” è la testimonianza di Monica. “Ho dovuto scrivere allo sportello dell’ospedale per denunciare il mancato supporto durante il parto, mi hanno risposto che è stata una mia percezione, mi rivolgerò a un avvocato”. Ad Alice sono stati fatti commenti sgradevoli sul suo aspetto fisico, in quanto lievemente sovrappeso, e quando ha chiesto aiuto dopo il cesareo è rimasta da sola per un’intera giornata con la sua neonata in braccio senza che nessuno la aiutasse ad allattare. “Un’infermiera mi ha intimato di muovermi, ‘tutti si muovono per i propri figli’, ha detto. Eppure si tratta di un intervento chirurgico a tutti gli effetti, dopo un taglio del genere a un uomo darebbero almeno 3 giorni di prognosi con raccomandazione di rimanere a riposo”. Sono solo alcune delle decine di testimonianze che raccontano l’esperienza del parto come un vissuto traumatico, infelice, mortificante. Esperienze che percorrono tutto il paese, dagli ospedali del Nord al Sud, senza distinzione tra sanità pubblica e strutture private. Molte donne attribuiscono la colpa alla pandemia, alla situazione in cui versavano in questi anni gli ospedali tra isolamento, posti letto pieni e tempi di assistenza dilatati. In realtà, già da parecchi anni nel reparto potenzialmente più “felice” degli ospedali sono sempre più frequenti i casi di quella che è stata definita “violenza ostetrica”. La definizione è stata formulata per la prima volta da associazioni di donne e professionisti sanitari che, in diversi paesi del Sudamerica, hanno riconosciuto nella “patologizzazione del parto” un potere medico eccessivo sui corpi delle donne e sui loro diritti, contribuendo così alla revisione delle raccomandazioni dell’Organizzazione Mondiale della Sanità in merito.

Storia di una diffida che ha favorito l’omertà
Quando, nel 2017, venne pubblicata la ricerca della DOXA dal titolo “Le donne e il parto”, commissionata dall’Osservatorio sulla Violenza Ostetrica-OvoItalia insieme alla Goccia Magica  Odv e CiaoLapo ONLUS, l’Associazione dei Ginecologi e la Federazione delle ostetriche insorsero: non si poteva ledere la “reputazione dei professionisti sanitari” sulla base di un’indagine che – scrissero – “difettava di numerosità campionaria” affidando, a loro dire, l’analisi statistica ad alcune centinaia di donne che avevano avuto un’esperienza del parto difficile e traumatica.

Già nel 2014 l’OMS denunciava pratiche diffuse in tutto il mondo come “Abuso fisico diretto, profonda umiliazione e abuso verbale, procedure mediche coercitive o non autorizzate, mancanza di riservatezza, mancato ottenimento di un consenso pienamente info…

Rifugiati siriani

Tutti mercanteggiano sulla pelle dei rifugiati siriani

Con la partecipazione al recente meeting di Gedda il regime di Bashar al-Assad ritorna sulla mappa delle relazioni internazionali. Si apre così la questione del rimpatrio per milioni di rifugiati siriani, che si aggiunge a quella della confisca delle loro case delle loro terre.