Negli ultimi sedici mesi abbiamo avuto molte dimostrazioni – convegni, interventi televisivi, riunioni, manifestazioni, articoli – del fatto che non c’è alcuna intenzione da parte di una buona fetta della sinistra occidentale di confrontarsi o anche solo di ascoltare le vittime del conflitto. E a ben vedere non potrebbe essere altrimenti: la riduzione della vicenda bellica all’inter-imperialismo, il concetto di guerra per procura, l’esplicitazione di un conflitto NATO-Russia, questa intera costruzione narrativa può reggere a patto che vengano accettati due punti fermi: il primo è la deterritorializzazione del conflitto, acciocché l’Ucraina non esista più in senso soggettivo bensì solo strumentale. L’Ucraina è il “non luogo” nel quale il conflitto globale e inter-imperialista si svolge nel quadro multipolare. Il secondo è il non riconoscimento della popolazione ucraina come soggetto bensì come strumento di guerra: le ucraine e gli ucraini costituiscono il “non popolo” che ubbidisce ciecamente a un leader, il quale a sua volta è una marionetta nelle mani dell’imperialismo occidentale. Ovviamente, se questa narrazione si dovesse confrontare con le voci della sinistra ucraina crollerebbe immediatamente: non si trova in Ucraina un solo soldato, un solo volontario, anche di sinistra, anche fra quelli che nel 2003 manifestarono contro la guerra occidentale in Iraq, che possa anche solo pensare di star combattendo una guerra per procura: si combatte contro un invasore e l’invasore è la Russia. Qualcuno potrebbe obiettare che la sinistra ucraina sia piccola e debole. Sicuramente è così ma comunque sempre più diffusa e numerosa dei battaglioni Azov et similia, così ben conosciuti e messi in rilievo da quella sinistra occidentale sempre intenta a scovare in ogni pertugio il soldato e/o il simbolo nazista (a patto che sia ucraino e non russo). Realtà di sinistra come Sotsіalniy Rukh (SR; The Social Movement) o Solidarity Collectives sono sostanzialmente ignorate, neppure interpellate ai fini di una collaborazione in interventi di natura umanitaria. Il problema si pone quindi su più livelli: non manca solo il riconoscimento, il contatto e il confronto politico: manca qualsiasi dimensione empatica.
La questione delle armi e della pace
Parte del movimento pacifista e della sinistra radicale ha pensato che per risolvere la questione siano indispensabili due cose: la prima è smettere di inviare le armi ad una delle due parti: quella ucraina ovviamente. Quella russa d’altro canto non ha bisogno di forniture, anzi: rimane tanto per fare un esempio il maggior fornitore di armi per l’intero continente africano. Le armi sono un prodotto di punta per l’export russo. La seconda cosa è promuovere un tavolo per il negoziato di pace. Le due richieste vengono spesso presentate insieme; tuttavia, si pongono su piani completamente diversi per quanto riguarda la loro concreta realizzazione. Se da un lato è facoltà di uno Stato fornire o meno armi ad un altro, la questione del negoziato rimane su un piano puramente astratto. Accettare una qualsiasi trattativa è nel potere di entrambe le parti nel caso si trovassero d’accordo. Ora, in nessun momento il governo russo ha espresso una seppur velata inten…