Lettera aperta al Presidente della Repubblica sull’alleanza tra Rauti e Berlusconi

Da MicroMega “Primavera 4-2001”

Illustrissimo Signor Presidente,

abbiamo letto dapprima con incredulità, poi con crescente preoccupazione e doloroso stupore, dell’alleanza elettorale di fatto tra la coalizione guidata dall’on. Berlusconi e il movimento del filo-nazista Pino Rauti. Alleanza ormai di fatto conclusa, dobbiamo affermare, al di là di ipocrite distinzioni e menzogneri dinieghi. In Sicilia l’accordo è addirittura conclamato e proclamato, e così in zone del Friuli. Ma soprattutto è ormai evidente come una desistenza mascherata, col pretesto della difficoltà di raccogliere le firme, sia stata realizzata in quasi tutti i collegi marginali, gli unici, cioè, in cui si gioca davvero il risultato di una consultazione elettorale.

Che tale accordo non venga dichiarato apertamente è perciò, semmai, un’aggravante ai danni della democrazia: non solo si accettano e anzi si sollecitano i voti di un filo-nazista, ma si dissimula agli elettori tale realtà che, se conosciuta, indurrebbe più d’uno – fra i sostenitori di Berlusconi – a cambiare intenzione di voto.

Definire Pino Rauti un filo-nazista non è in alcun modo forzatura polemica. A parte il fatto che Rauti è ancora indagato per reati di strage, si potrebbe pubblicare un intero libro di citazioni di quarant’anni di attività politica – all’insegna del neo-fascismo e del neo-nazismo – di gruppi di cui Rauti è stato ispiratore e leader. Ci domandiamo anzi perché taluni di tali gruppi e movimenti possano ancora agire indisturbati e perfino presentarsi alle elezioni, visto che il nostro ordinamento vieta la ricostituzione del Partito fascista sotto qualsiasi forma.

Ma che i voti legati ad un leader filo-nazista possano addirittura entrare a far parte di una possibile maggioranza di governo costituisce ipotesi ripugnante e sciagurata, che suonerebbe ingiuria alla nostra Costituzione e che in ogni altro paese d’Europa sarebbe resa impossibile dalle stesse destre, come dimostrato più volte dal presidente francese Chirac, che ha preferito perdere le elezioni politiche piuttosto che accettare i voti di Le Pen, per…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.