Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull'autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un "centralismo diffuso" che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La riforma del Titolo V della Costituzione del 2001 presentava criticità – che la Corte costituzionale ha cercato di risolvere con la sua attività interpretativa – sia per il metodo seguito, sia per il contesto, sia per il contenuto delle modifiche e delle riformulazioni di alcune disposizioni costituzionali. Veniva conclusa nella speranza che ciò fosse sufficiente a frenare aspirazioni separatiste presenti nella società e nella politica. La riflessione sulle ulteriori autonomie da riconoscere ad altre Regioni rispetto a quelle a Statuto speciale – secondo il disegno di legge in discussione approvato dal Senato e in discussione in Parlamento alla Camera – dovrebbe essere portata a livello costituzionale e non essere devoluta alla legge ordinaria, che rischia di consolidare le criticità della riforma del 2001 nel tentativo di “attuarla”. La proposta sulle autonomie si fonda sui passaggi più discutibili della riforma del 2001. Tra essi vi è la possibilità di riconoscere con legge ai sensi dell’art. 116, terzo comma della Costituzione, ulteriori funzioni alle Regioni che oggi non dispongono di particolare autonomia, senza variazioni finanziarie per le Regioni che non ricorrono alla differenziazione.

Secondo il disegno di legge non riguarderebbero i LEP – Livelli essenziali delle prestazioni, ndr – le seguenti materie indicate dall’art. 116, terzo comma della Costituzione: giustizia di pace; rapporti internazionali con UE delle Regioni e il commercio con l’estero; protezione civile; previdenza complementare e integrativa; coordinamento delle finanze pubbliche e del sistema tributario; casse di risparmio rurali e aziende di credito a carattere regionale. Il trasferimento di funzioni in relazione a queste materie può avvenire con l’entrata in vigore della legge.

È invece differito a un momento successivo (in teoria 24 mesi) il trasferimento delle altre funzioni che riguardano le materie per cui è necessaria la determinazione dei LEP, secondo l’elencazione contenuta nel terzo comma dell’articolo 3 del disegno di legge, previa ulteriore individuazione dei costi standard e della spesa che inevitabilmente finirà per ricadere sulla spesa storica, consolidando diseguaglianze già ora macroscopiche.

Sono da approfondire gli effetti – non solo economico-finanziari sulle altre Regioni non coinvolte – di un trasferimento massiccio di funzioni negoziato da una Regione con lo Stato; in particolare sulle Regioni limitrofe e prossime, soprattutto con riferimento alle materie della legislazione concorrente di carattere trasversale (si pensi al governo del territorio o al trasporto e distribuzione nazionale dell’energia).

Basta pensare alla drammatica esperienza del Servizio Sanitario Nazionale, promosso con una prospettiva di eguaglianza e risoltosi in concreto in una situazione di emergenza drammatica (cfr. le liste di attesa; la mancata presa in carico dei malati “cronici”; la fuga verso la sanità privata). A conferma, si pensi alla promessa di assistenza sanitaria e sociale agli anziani non autosufficienti e disabili, con una legge delega emanata nel 2023 e tradotta in un decreto co…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.