Vent’anni dopo, Guantánamo è ovunque

Il fatto che la prigione continui a essere in piedi dopo vent’anni dalla sua istituzione e l’avvicendarsi di quattro presidenti alla Casa Bianca è sintomo della crisi democratica che abbiamo di fronte oggi.

È da poco passato l’anniversario dell’assalto – guidato da Donald Trump – al Campidoglio degli Stati Uniti e a un principio fondamentale dello Stato di diritto: il regolare trasferimento del potere esecutivo sulla base della volontà popolare. Ma se questo evento minaccioso è chiaramente a fuoco, vale la pena riflettere su un’istituzione e un’ideologia che preannunciavano e acceleravano il nostro attuale momento autoritario: vent’anni fa, l’amministrazione del presidente George W. Bush inaugurava una prigione militare offshore a Guantánamo Bay, Cuba, allo scopo di incarcerare e torturare, senza alcun vincolo legale, uomini e ragazzi musulmani. Due decenni dopo, gli artefici di quel regime e gli autori di quelle torture non sono stati perseguiti e 39 uomini sono ancora detenuti sull’isola, senza che all’orizzonte si scorga la fine di questa storia.

Componente centrale della sconsiderata prosecuzione da parte dell’amministrazione Bush della «guerra globale al terrore», Guantánamo cristallizza la trasformazione degli Usa in uno Stato di massima sicurezza. L’insidiosa eredità della prigione non dovrebbe svanire dalla consapevolezza pubblica. L’essenza autoritaria di Guantánamo – il suo flagrante disprezzo per i diritti umani fondamentali, insieme alla distruzione e alla disumanizzazione che ha operato sulle sue vittime – è stata variamente interpretata come più o meno eccezionale, più o meno al di là delle norme e degli ideali americani. All’epoca ero un giovane avvocato e sono stato spronato dall’idea dell’eccezionalita della violazione dei princìpi fondamentali da parte di Guantánamo, ma dopo quasi 18 anni di contenziosi per conto dei detenuti, ho imparato a conoscere meglio quella prigione. Guantánamo non è ciò che ci piace pensare che sia. Non solo espande una vergognosa storia di americana brutalizzazione dell’Altro, ma la sua creazione e la sua difesa prefiguravano l’abbraccio muscolare dell’anticostituzionalismo e dell’illegalità che sperimentiamo oggi.

***

Anni di contenziosi e segnalazioni non lasciano dubbi sulla funzione di Guantánamo. I piani per la prigione furono formulati nei mesi successivi all’autorizzazione all’uso della forza militare da parte del Congresso, nel 2001, che diventò legge una settimana dopo gli attacchi dell’11 settembre ed è in vigore ancora oggi. Nel dicembre dello stesso anno, gli avvocati del Dipartimento di Giustizia John Yoo e Patrick Philbin inviarono un promemoria al consigliere generale del Dipartimento della Difesa William J. Haynes II identificando Guantánamo come un promettente luogo di detenzione perché con tutta probabilità avrebbe potuto eludere la giurisdizione sull’habeas corpus dei tribunali civili statunitensi.

Fornendo spudoratamente copertura ai funzionari del Dipartimento della Difesa per agire al di là del controllo giudiziario, Yoo e Philbin osservavano che l’elusione era n…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.