La temperatura, nelle ore calde, supera di poco lo zero. Il resto del tempo il segno “meno” è costante. Il confine di Siret, in Romania, è uno di quelli maggiormente interessati dalla crisi umanitaria causata dalla guerra in Ucraina. I profughi arrivano alla spicciolata passando con le automobili o a piedi, ad accoglierli c’è un’organizzazione che sfiora la perfezione con pullman e mezzi che accompagnano le persone nelle palestre e negli hotel adibiti a centri di prima accoglienza.
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L’esodo delle donne e dei bambini. Possiamo definire così questa crisi umanitaria che per numeri e velocità non ha eguali in Europa.
Tre milioni di persone in 21 giorni. Sommando tutti gli arrivi in Italia e in Grecia dal 2014 a oggi non si arriva a questa cifra e ciò restituisce la portata del momento storico che stiamo vivendo. Un numero altissimo che riguarda soprattutto la Polonia, che ha accolto quasi due milioni di rifugiati, e a seguire Romania, Moldavia, Ungheria e Slovacchia. Numeri altissimi per questi Paesi, storicamente poco accoglienti con i profughi provenienti dalla rotta balcanica e dal Mediterraneo centrale: profughi di altre guerre e altre crisi cui l’Europa ha risposto con muri e sistemi di sorveglianza.
