Clima, energia e guerra

Esistono complesse relazioni di causa ed effetto tra accesso all’energia e guerra, tra produzione di energia e cambiamento climatico, e tra cambiamento climatico e guerra. Ecco perché investire nella decarbonizzazione può aiutare sia a risolvere i problemi ambientali ed energetici, sia a ridurre le guerre.

Ci sono relazioni di causa ed effetto tra energia e clima, energia e guerra, e guerra e clima. Interconnessioni complesse, che agiscono sia nella dimensione geografica, spaziale, che nell’asse temporale. Relazioni che coinvolgono sia popoli della stessa generazione geograficamente localizzati nella stessa regione, anche se in Paesi diversi, che generazioni diverse dello stesso popolo. Il cambiamento climatico ha espanso, come forse mai prima, la dimensione temporale delle interconnessioni. Di fatto, questo è uno dei motivi per cui è così difficile, a oggi, prendere azioni per affrontarlo.

La continua richiesta di accesso a fonti di energia è spesso una delle cause dei conflitti, e il fatto che l’energia sia prodotta principalmente con combustibili fossili ha causato il cambiamento climatico. Il cambiamento climatico stesso può agire da catalizzatore e trasformare situazioni di crisi e tensione in guerre. Questo legame tra il cambiamento climatico e la guerra era stato messo in chiara evidenza dal Comitato Nobel nel 2007, quando aveva assegnato a ‘Intergovernmental Panel on Climate Change’ (IPCC) e ad Al Gore il premio Nobel per la Pace. [1]

Nella prima parte di questo articolo analizzeremo brevemente quali siano le interconnessioni tra i tre temi, clima, energia e guerra. Conoscerle ci aiuterà a capire perché la decarbonizzazione possa aiutare sia a risolvere il problema dell’accesso all’energia, che a ridurre le guerre. Passeremo quindi a discutere come un Paese come l’Italia può ridurre le emissioni di gas serra, e quindi affrontare il problema del cambiamento climatico.

Chiuderemo con la proposta che tutti i Paesi del mondo, a partire da quelli che hanno contribuito maggiormente all’accumulo di gas serra in atmosfera (tra questi Nord America, Canada, Europa, Cina, Russia, Australia), si impegnino a investire il 2% del loro Prodotto Nazionale Lordo per decarbonizzare. Una proposta che aiuterebbe sia ad aumentare la sicurezza che ad affrontare il cambiamento climatico.

1. Accesso all’energia, combustibili fossili, clima e guerre

L’utilizzo, a partire dalla rivoluzione industriale, dei combustibili fossili per produrre energia ha causato il cambiamento climatico che oggi tutti noi viviamo. Un legame di causa ed effetto messo in evidenza da decenni e supportato da osservazioni ed esperimenti. Ad esempio, un’analisi quantitativa dell’aumento dell’utilizzo dei combustibili fossili, l’aumento della concentrazione di anidride carbonica (CO2) e la diminuzione della concentrazione di O2 in atmosfera, mostrano che è proprio la comb…

Israele, la memoria dell’Olocausto usata come arma

La memoria dell’Olocausto, una delle più grandi tragedie dell’umanità, viene spesso strumentalizzata da Israele (e non solo) per garantirsi una sorta di immunità, anche in presenza di violenze atroci come quelle commesse a Gaza nelle ultime settimane. In questo dialogo studiosi dell’Olocausto discutono di come la sua memoria venga impiegata per fini distorti, funzionali alle politiche degli Stati, innanzitutto di quello ebraico. Quattro studiosi ne discutono in un intenso dialogo.

Libano, lo sfollamento forzato e le donne invisibili

La disuguaglianza di genere ha un forte impatto sull’esperienza dello sfollamento di massa seguito alla guerra nel Libano meridionale. Tuttavia, la carenza di dati differenziati rischia di minare l’adeguatezza degli aiuti forniti e di rendere ancora più invisibile la condizione delle donne, che in condizioni di fuga dalla guerra sono invece notoriamente le più colpite dalla violenza e dalla fatica del ritrovarsi senza casa e con bambini o anziani a cui prestare cure.

Come il fascismo governava le donne

L’approccio del fascismo alle donne era bivalente: da un lato mirava a riportare la donna alla sua missione “naturale” di madre e di perno della famiglia, a una visione del tutto patriarcale; ma dall’altro era inteso a “nazionalizzare” le donne, a farne una forza moderna, consapevole della propria missione nell’ambito dello Stato etico; e perciò a dar loro un ruolo e una dimensione pubblica, sempre a rischio di entrare in conflitto con la dimensione domestica tradizionale. Il regime mise molto impegno nel disinnescare in tutti i modi questo potenziale conflitto, colpendo soprattutto il lavoro femminile. Ne parla un libro importante di Victoria de Grazia.