Riflessioni sul ruolo presente e futuro del teatro comunale in Italia

“In tempi di omologazione e mercificazione culturale, il teatro può essere decisivo per la salvezza della convivenza civile e democratica”. Pubblichiamo un testo inedito di Eugenio Allegri, noto attore e regista torinese recentemente scomparso.

“Senza partiti coinvolgenti, così come senza corpi sociali intermedi, il cittadino si scopre solo e più indifeso. Deve poter far affidamento sulla politica come modalità civile per esprimere le proprie idee e, insieme, la propria appartenenza alla Repubblica” – (Dal discorso di Sergio Mattarella alle Camere Riunite, in occasione della seconda nomina a Presidente della Repubblica Italiana)

Nel presente del nostro paese, l’intreccio tra l’attività di un teatro e la politica culturale di un territorio o di una città, può determinare il destino dell’intera nazione.
Oggi, una qualsiasi città italiana, piccola o media che abbia garantite buone risorse economiche, dove siano presenti una medio/alta qualità della vita, un sistema funzionante e consolidato di partecipazione e di dialogo e una certa percezione della “felicità”, di fronte alle molte sfide che l’attualità impone, non può pensare di adagiarsi sull’esistente.

È certamente necessario salvaguardare un presente di conquiste materiali e sociali, ma contemporaneamente, di fronte alla grave crisi di identità individuale che l’umanità registra pressoché su scala planetaria, si è obbligati a pensare e a progettare un futuro di innovazione etica e culturale e a costruire nuovi sistemi di valori, princìpi e regole, prima che le pratiche esclusivamente economicistiche pieghino la vita delle comunità alla sola salvaguardia di quelle presunte protezioni sociali (con i loro sistemi di articolazione ormai rigidi e nel tempo indeboliti) che, in assenza di una acquisizione di consapevolezza culturale individuale, arriverebbero a sgretolarsi o risulterebbero comunque traballanti e renderebbero vana qualsiasi conquista nel frattempo acquisita collettivamente.

Citando il filosofo Ernst Bloch, potremmo affermare che “l’uomo non vive di solo pane, soprattutto quando di pane non ne ha”. Pensare pertanto, in questi nostri tempi, di dormire sonni tranquilli senza programmare l’impegno in prima persona, non è ammesso: nessuno può pensare di salvaguardare le regole civili di comunità senza ideare o a realizzare o, quanto meno, partecipare a costruire, una politica culturale che punti a sottrarre preventivamente terreno alla possibile deriva di inciviltà degli individui.

Non a caso, da più parti e a diversi livelli di responsabilità, sino alle vette più alte della politica mondiale, si afferma essere la Cultura l’ambito in cui si potrà operare per “salvare” il destino dell’umanità; perché è ovvio che, per raggiungere una condizione umana accettabile, solo la cultura nelle sue varie declinazioni: artistiche, scientifiche, sociali, religiose, politiche, può offrire qualche chances di salvezza; solo la cultura riesce a coniugare le necessità degli…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.