Visioni distopiche e fantascientifiche: anche se la realtà, a volte, supera la fantasia

Tre autrici per tre romanzi distopici e un filosofo della tecnologia per notti insonni.

Dall’insorgere della pandemia che ancora ci pervade, seguita dall’avvento dell’invasione russa dell’Ucraina, non dimenticando il ritorno dei talebani al potere in Afghanistan e il divieto di aborto negli Stati Uniti (tutti eventi sviluppatisi nel corso di due anni soltanto) diventa quasi stucchevole proporre di leggere o seguire serie televisive e film di fantascienza, genere del quale sono appassionata lettrice e studiosa sin da giovanissima.

Come si suol dire la realtà supera abbondantemente la fantasia e tuttavia insisto a consigliare testi e visioni distopiche e fantascientifiche. Nonostante lo stereotipo che considera la fantascienza un mondo solo per uomini ci sono autrici straordinarie, il cui lavoro narrativo è oggi più che mai attuale e serve per decodificare l’origine e la portata dei disastri politici, ecologici, sociali e culturali che stiamo vivendo.

Ho in mentre ben tre testi di scrittrici che hanno usato la possibilità che il canone della fantascienza offre, quello cioè di differire il contesto spazio/temporale per, al contrario, raccontare e descrivere esattamente il qui e ora. Eccoli: Il racconto dell’ancella di Margaret Atwood; Vox di Christina Dalcher; La bellezza di Aliya Whiteley.

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I primi due titoli sono strettamente legati, benché pubblicati il primo nel 1985 e il secondo nel 2018: una sorta di nonna e nipote dell’evoluzione della pratica di esclusione politica delle donne.

Violento, inesorabile, profetico, spietato: così è Il racconto dell’ancella, capolavoro dell’autrice canadese Margaret Atwood, tradotto in Italia nel 1988. Un testo contestatissimo negli anni immediatamente successivi alla pubblicazione (fu rifiutato in alcune scuole degli Stati Uniti per la chiara connessione che la scrittrice dichiara tra patriarcato, religione e sottomissione femminile), dal quale nel 1990 fu tratto il film omonimo per la regia di Volker Schlöndorff. Anche il film è un pugno nello stomaco. Nonostante il cast stellare, con nomi del calibro di Natasha Richardson, Robert Duvall, Faye Dunaway, Aidan Quinn, Elizabeth McGovern e la sceneggiatura di Harold Pinter, la versione cinematografica è stata boicotta…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.