Suor Teresa, matrigna di Calcutta

A 25 anni dalla morte, un ritratto senza sconti di madre Teresa di Calcutta, la popolare missionaria proclamata santa nel 2016. Oggetto di culto internazionale e coccolata dai potenti della Terra, la sua vita, in realtà, è stata piena di ombre.

Il 1994 iniziò con la discesa in campo di Silvio Berlusconi, che rappresentò il passaggio decisivo per lo sdoganamento politico della destra (anche quella più estrema). In quel momento, il disco più venduto aveva un testo che ci diceva a sua volta parecchio della direzione che avrebbe preso tanta parte della sinistra italiana, o sedicente tale. Il tormentone era Penso positivo di Jovanotti (che all’epoca non godeva di un’immagine particolarmente progressista) e conteneva svariati versi che, ai nostri occhi di fin troppo seriosi osservatori del mondo, apparivano quantomeno incoerenti. Specialmente quando declamava:

Io credo che a questo mondo esista solo una grande chiesa
che passa da Che Guevara e arriva fino a Madre Teresa
passando da Malcom X attraverso Gandhi e San Patrignano
arriva da un prete in periferia che va avanti nonostante il Vaticano

All’epoca la scambiammo per un’insalatona con dentro di tutto, di quelle che mangiamo controvoglia quando troviamo aperto soltanto una tristissima tavola fredda. Eppure la canzone non solo ebbe successo, ma tracciò anche una strada. Nel 2003, i ragazzi tra i 12 e i 24 anni che risposero a un sondaggio Eurispes sui “miti” della nostra epoca collocarono al primo posto proprio la suora di Calcutta (nel frattempo deceduta, e beatificata in quello stesso anno), al secondo papa Wojtyla (che sarebbe morto due anni dopo), al terzo Che Guevara, al quarto Gandhi seguito da Giovanni Falcone, Lady Diana e Maradona. Non c’era da sorprendersi più di tanto: erano effettivamente “miti” proposti come tali da quasi tutti i mass media, cominciando dallo stesso Jovanotti. Che, nel mischiarli, aveva capito più di tanti sociologi che per la massa non erano granché differenti: li accomunava l’essere “miti”, e l’essere “miti” era la loro caratteristica più evidente. Non è un fenomeno infrequente, anzi: sono tanti i testamenti che lasciano contemporaneamente del denaro, per esempio, sia all’ospedale di padre Pio, sia a Emergency. Le persone non colgono differenze: pensano, sulla base delle informazioni che hanno ricevuto, che siano entrambe organizzazioni che fanno del bene.
Nulla di diverso per madre Teresa, autentica star del bene dell’ultimo quarto dello scorso millennio.

Nata nel 1910 in una famiglia albanese residente a Skopje (oggi capitale della Macedonia del Nord, allora sotto l’impero ottomano), Gonxha Agnes Bojaxhiu partì ancora giovane per l’India, dedicandosi inizialmente all’insegnamento. A quarant’anni le autorità ecclesiastiche le permisero di fondare una sua congregazione, le Missionarie della carità, esplicitamente dedicata alla cura dei poveri. Nel 1965 Paolo VI la pose sotto la propria ala protettrice, attribuendole status pontificio, e altrettanto fece il Partito del Congresso, storico detentore del potere in India e da sempre riferimento elettorale delle minoranze religiose. Un documentario della Bbc del 1969 (Qualcosa di bello per Dio) la fece diventare famosa anche al di fuori del mondo cattolico, trasformandola in un oggetto di culto internazionale, coccolata dai potenti della Terra. Nel 1979 le fu attribuito il premio Nobel per la pace. Morì nel 1997: sei anni dopo fu proclamata beata e nel 2016 santa. Una popolarità incredibile, che già in v…

Israele, la memoria dell’Olocausto usata come arma

La memoria dell’Olocausto, una delle più grandi tragedie dell’umanità, viene spesso strumentalizzata da Israele (e non solo) per garantirsi una sorta di immunità, anche in presenza di violenze atroci come quelle commesse a Gaza nelle ultime settimane. In questo dialogo studiosi dell’Olocausto discutono di come la sua memoria venga impiegata per fini distorti, funzionali alle politiche degli Stati, innanzitutto di quello ebraico. Quattro studiosi ne discutono in un intenso dialogo.

Libano, lo sfollamento forzato e le donne invisibili

La disuguaglianza di genere ha un forte impatto sull’esperienza dello sfollamento di massa seguito alla guerra nel Libano meridionale. Tuttavia, la carenza di dati differenziati rischia di minare l’adeguatezza degli aiuti forniti e di rendere ancora più invisibile la condizione delle donne, che in condizioni di fuga dalla guerra sono invece notoriamente le più colpite dalla violenza e dalla fatica del ritrovarsi senza casa e con bambini o anziani a cui prestare cure.

Come il fascismo governava le donne

L’approccio del fascismo alle donne era bivalente: da un lato mirava a riportare la donna alla sua missione “naturale” di madre e di perno della famiglia, a una visione del tutto patriarcale; ma dall’altro era inteso a “nazionalizzare” le donne, a farne una forza moderna, consapevole della propria missione nell’ambito dello Stato etico; e perciò a dar loro un ruolo e una dimensione pubblica, sempre a rischio di entrare in conflitto con la dimensione domestica tradizionale. Il regime mise molto impegno nel disinnescare in tutti i modi questo potenziale conflitto, colpendo soprattutto il lavoro femminile. Ne parla un libro importante di Victoria de Grazia.