La morale della Regina Rossa

Sull'importanza di prevenire pandemie e disastri naturali pubblichiamo un estratto dell'ultimo libro di Telmo Pievani, "La natura è più grande di noi. Storie di microbi, di umani e di altre strane creature", un viaggio illuminante, a tratti personale, tra scienza ed ecologia, storia e antropologia, scoperte mediche e avventure zoologiche, storie di strane creature e incontri con donne e uomini straordinari.

La nostra mente fatica ad afferrare la portata di processi molto grandi, globali, non lineari, lenti e progressivi come la crisi ambientale e il riscaldamento climatico. Le manifestazioni puntiformi di questi processi sono di solito improvvise, potenti, devastanti e luttuose, tanto che ci sembrano imprevedibili e ineluttabili, ma non è così. Ciò che non possiamo prevedere, certo, è il momento e il luogo esatti in cui si scatenerà un disastro ambientale, un evento atmosferico estremo, una tempesta particolarmente violenta, il crollo di un ghiacciaio. Ciò che possiamo invece calcolare piuttosto bene, e non facciamo quasi mai, è il rischio, cioè la probabilità di quell’evento avverso.
Il principio è lo stesso dei terremoti: non sappiamo quando ci sarà il prossimo, ma sappiamo che in alcune regioni il rischio sismico è elevato e dunque è saggio correre ai ripari attraverso azioni preventive, per esempio costruendo edifici che rispettino i più avanzati criteri antisismici. Il riscaldamento climatico rende più instabile il pianeta e di conseguenza più probabili, più frequenti e più violenti tanti eventi avversi. Non sappiamo quando ci sarà il prossimo, ma occorre farsi trovare preparati. Quindi se veniamo colpiti da una perdurante siccità e poi flagellati da alluvioni e inondazioni, non è razionale continuare a pensare, ogni volta, che si tratti di «calamità», di emergenze, di sciagure al di fuori della nostra comprensione. Se viviamo in un regime climatico che rende più probabili quegli eventi, significa che dobbiamo farcene una ragione e capire che non sono episodi eccezionali ma, purtroppo, la normalità dei prossimi decenni.

Potrà sembrare strano, ma vale lo stesso per le pandemie. Per la precisione, vale lo stesso per il rischio pandemico. La pandemia da Sars-CoV-2, infatti, non è stata solo un problema scientifico e sanitario, da affrontare come un’emergenza o una calamità, ma anche ecologico. Da un punto di vista evoluzionistico, la pandemia non è che l’ultimo capitolo di una storia molto più lunga, iniziata circa 3 miliardi di anni fa con la comparsa dei primi virus sul pianeta e segnata da alcune svolte decisive. La prima è avvenuta circa 600 milioni di anni fa quando, dopo oltre 2 miliardi e mezzo di anni passati a lottare contro i batteri, i virus si sono evoluti in modo tale da infettare anche gli organismi multicellulari come piante e animali. La seconda svolta risale a poco più di 200mila anni fa e coincide con la comparsa dei nostri primi antenati Homo sapiens in Africa. La terza è la transizione neolitica che, al termine dell’ultima glaciazione 11.700 anni fa, portò alla domesticazione di alcuni animali e alla nostra semp…

Il maschilismo dei dati

La gran parte delle decisioni negli ambiti più disparati oggi viene presa a partire dai dati. Dati che però nella stragrande maggioranza riguardano solo ed esclusivamente gli uomini.

Le radici biologiche del linguaggio umano

Studiare da un punto di vista evolutivo il linguaggio umano è un’operazione estremamente complessa poiché, a differenza di altri tratti biologici, dipende da strumenti nervosi e anatomici che non fossilizzano e non lasciano tracce. Ma lo studio del canto degli uccelli ci fornisce un prezioso strumento comparativo per perseguire tale scopo.

La crisi della sinistra e il problema della proprietà

Abbandonando il tema del lavoro, la sinistra si è appiattita su posizioni monetariste e ha rinunciato anche ad affrontare propriamente il tema della proprietà. Riguardo quella pubblica, per allontanarsi dal nazionalismo comunista sovietico, ha osteggiato ogni forma di demanializzazione e nazionalizzazione dei beni e delle produzioni, favorendo privatizzazioni, svendite degli assets economici prioritari a tutto danno del Paese e a favore di grandi potenze multinazionali. Ma la gestione condivisa dei beni collettivi non può essere trasferita alla sfera privata.