La matematica è gioco, letteratura, politica

In occasione della giornata mondiale del Pi greco, pubblichiamo tre brevi saggi estratti dalla raccolta che compone l'ultimo libro dello studioso, " Pillole matematiche. I numeri tra umanesimo e scienza" edito da Raffaello Cortina Editore.

Scriviamoci – Le lettere di Archimede
Archimede, il più grande matematico dell’antichità, visse a Siracusa ai tempi di Gerone II (padre) e Gelone II (figlio). Per il primo, che regnò più di cinquant’anni, lo scienziato inventò gli specchi ustori e altre mitiche macchine da guerra, che lasciarono stupefatti i Romani. Scoprì con un Eureka! il famoso principio di Archimede, che gli servì a verificare la purezza della corona d’oro del re immergendola nell’acqua. E costruì la nave più grande del mondo, la corazzata Siracusa, che fu poi regalata al faraone d’Egitto e da lui ribattezzata Alessandria. Del secondo, che probabilmente affiancò sul trono il padre nell’ultima parte del suo regno, ma morì prematuramente un anno prima di lui, Archimede fu invece il precettore. E proprio al suo illustre allievo dedicò la prima divulgazione epistolare della storia, indirizzandogli una lettera chiamata Arenario in cui mescolava matematica e astronomia, nel riuscito tentativo di illustrare i grandi numeri che si possono dedurre dall’osservazione della Natura:

“Alcuni, o re Gelone, credono che il numero dei granelli di sabbia sia infinito. E mi riferisco non solo ai granelli che si trovano a Siracusa e nei suoi dintorni, o nel resto della Sicilia, ma nell’intero mondo, abitato o no. Altri credono che il numero dei granelli sia finito, ma che non se ne possa descrivere uno maggiore di esso. O almeno, maggiore del numero dei granelli di sabbia necessari a riempire tutte le caverne e i mari, e a ricoprire le cime di tutti i monti. Ma io ti mostrerò che fra i numeri che ho nominato in un libro indirizzato a Zeusippo, ce ne sono alcuni che superano il numero dei granelli di sabbia che riempirebbero non solo la Terra intera, ma addirittura l’intero universo.”

Per calcolare il numero dei granelli di sabbia che riempirebbero l’universo, Archimede fa il rapporto fra il volume dell’universo e il volume di un granello di sabbia. E lo riduce, usando la formula per il volume della sfera da lui stesso scoperta, al cubo del rapporto tra il raggio dell’universo e il raggio d…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.