Politica e Scienza: un’alleanza ineludibile

Scienza e politica dovrebbero stringere un’alleanza per fecondarsi reciprocamente, perché una classe dirigente capace di maneggiare il metodo scientifico e le sue virtù epistemiche avrebbe uno strumento aggiuntivo per perseguire l’interesse del Paese. Un simile progetto può avere successo solo con un concomitante processo di alfabetizzazione scientifica della cittadinanza, da iniziare dalla scuola primaria, da continuare per tutta la vita e capace di generare un’immunità cognitiva di gregge contro il virus dell’ignoranza e per la tutela degli svantaggiati. Ulteriore elemento cruciale del progetto è la valorizzazione di una meritocrazia sana, promossa da un congruo numero di insegnanti di materie scientifiche e da un opportuno piano di investimento in ricerca
Politica e scienza

Il primo scopo di questo contributo è raccomandare una formazione scientifica per la classe dirigente italiana, con particolare riferimento a quella politica[1]. Si tratta, in sostanza, di smuovere le acque cognitive della classe dirigente per potenziare la razionalità delle scelte decisionali, a vantaggio dell’intero Paese. Ferma restando la necessità di tenere distinti i rispettivi ambiti d’azione, senza sovrapposizioni conflittuali, la proposta riguarda l’opportunità che la scienza fecondi la politica con gli elementi del suo metodo e le conoscenze accumulate. Il presupposto è che un governo e un parlamento formati da membri capaci di maneggiare il metodo scientifico e assorbirne i valori abbiano un potente strumento in più per promuovere l’interesse degli elettori e perseguire l’interesse generale[2].

Suo scopo secondario è sostenere un’alfabetizzazione scientifica della popolazione italiana potenziandone le capacità critiche, per migliorarne le decisioni prese e per generare una classe dirigente sempre più fornita di strumenti razionali per la guida del Paese, in un circolo virtuoso che rafforzi le abilità e le competenze di entrambe: insomma, un’alleanza fra cittadini istruiti e una scienza dentro la politica.

Sullo sfondo di queste note introduttive aggiungo due considerazioni.

1°. Serpeggia un progressivo impoverimento del dibattito pubblico, con superficialità delle argomentazioni, talora afflitte da fallacie logico-scientifiche e sostenute da “esperti” improvvisati e abili nel trovare visibilità all’interno di piattaforme mediatiche pubbliche e private. Di fatto, si assiste a una velocizzazione delle conversazioni, a una loro divisiva polarizzazione – con cecità per le sfumature – e alla disaffezione verso il pensiero lento, meditativo e verificabile. Gli esiti di queste derive sono le irragionevolezze ascoltabili nella rete labirintica dei social e amplificate nelle echo-chambers distorcenti, con effetti involutivi sul patrimonio culturale medio, che presentano inoltre il rischio della compromissione di vite umane.

2°. La crescente iperspecializzazione del sapere costringe anche il pol…

Giù le mani dai centri antiviolenza: i tentativi istituzionalisti e securitari di strapparli al movimento delle donne

Fondamentale acquisizione del movimento delle donne dal basso, per salvarsi la vita e proteggersi dalla violenza soprattutto domestica, oggi i centri antiviolenza subiscono una crescente pressione verso l’istituzionalizzazione e l’irreggimentazione in chiave securitaria e assistenzialista. Tanto che ai bandi per finanziarli accedono realtà persino sfacciatamente pro-patriarcali come i gruppi ProVita o altre congreghe di tipo religioso.

Contro l’“onnipresente violenza”: la lotta in poesia delle femministe russe

Una nuova generazione di femministe russe, oggi quasi tutte riparate all’estero dopo l’inizio dell’invasione in Ucraina, sta svelando attraverso un nuovo uso del linguaggio poetico il trauma rappresentato per le donne dalla violenza maschile, all’interno di una società patriarcale come quella russa che, con il pieno avallo dello Stato, ritiene lo spazio domestico e chi lo abita soggetti al dominio incontrastato dell’uomo. La popolarità della loro poesia e del loro impegno testimonia la reattività della società russa, nonostante la pesante militarizzazione.