A trent’anni dall’indipendenza, l’Eritrea è una prigione per i suoi abitanti

Il 24 maggio è l’anniversario dei trent’anni dall’indipendenza dell’Eritrea dall’Etiopia, una conquista ottenuta dopo decenni di guerra. La vicenda attraversa diversi periodi storici, dal colonialismo italiano, alla caduta dell’impero etiope, passando dalla dittatura comunista d’Etiopia, fino ad arrivare al conflitto del 2019 nel Tigray e alla sua formale conclusione lo scorso novembre. Un’intervista a Uoldelul Chelati Dirar, Professore Associato di Storia e Istituzioni dell’Africa dell’Università di Macerata per capire il processo di emancipazione dell’Eritrea e la situazione attuale del Paese.
Eritrea

Proviamo a ricostruire i fatti. Che cosa fu la guerra d’indipendenza dell’Eritrea?

Parliamo di un conflitto durato trent’anni, dal 1961 al 1991, anche se l’indipendenza formale fu raggiunta nel 1993, dopo il passaggio dal referendum popolare eritreo.

E parliamo di una guerra iniziata sulla base di una rivendicazione indipendentista di gran parte della popolazione eritrea, che emerse dal fallimento del progetto promosso dalle Nazioni Unite, che prevedeva invece la federazione del Paese alla nazione etiopica a seguito della fine della presenza coloniale italiana. Ma oltre che una guerra di indipendenza dall’Etiopia, fu anche una guerra civile. Il gruppo politico-militare a capo del movimento indipendentista eritreo, il Fronte di Liberazione dell’Eritrea, durante il conflitto con l’Etiopia subì una scissione (1975) che diede vita a una frangia ideologicamente più radicale, ossia il Fronte Popolare per la Liberazione dell’Eritrea. I due gruppi si scontrarono sul terreno interno portando ad una vera e propria guerra fra più fronti.

Si è detto, talvolta, che questo conflitto è stato determinato dal colonialismo italiano perché l’Eritrea, prima dell’invasione italiana, non esisteva. È vero? Che ruolo ha avuto l’Italia nella creazione di un’“identità” eritrea?

Dire che la causa indipendentista eritrea dipese dal colonialismo italiano è una forzatura. È vero che l’Eritrea non esisteva, prima che il governo Crispi la dichiarasse tale nel 1890. È una creazione coloniale, ma come lo sono tutti gli altri Stati africani, senza nessuna particolare eccezione. La lotta di liberazione è stata prevalentemente una scelta di determinati attori politici dei movimenti indipendentisti da lato eritreo e, sul versante etiopico, una lettura poco lucida di questa crisi da parte dell’imperatore Hailé Selassié, che la gestì unicamente in termini securitari.<…

Tutto il potere agli arraffatutto: la Costituzione tradita

La Costituzione italiana indica la strada del regionalismo come una possibile attuazione di politiche solidali, per garantire a tutti i cittadini il godimento dei diritti fondamentali. L’ipotesi di autonomia differenziata che oggi culmina con il DDL Calderoli ma è stata avviata dai governi di sinistra con la riforma del titolo V della Costituzione fonda invece un regionalismo competitivo e accaparratore, che rischia di disgregare interamente l’unità della Repubblica italiana e della sua cittadinanza.

Un attacco ad ampio raggio ai diritti di tutti

Dalla creazione di una scuola diseguale fino alla morte delle contrattazioni nazionali, che di fatto rinnegherebbero l’articolo 1 stesso della Costituzione, l’autonomia differenziata è un attacco ad ampio raggio ai diritti dei cittadini. Gli allarmi sono stati sollevati da più parti eppure la macchina si è messa in moto e bisogna capire come fermarla.

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Scuola: un “organo costituzionale” fatto a pezzi

La Costituzione promuove il pieno sviluppo della persona umana e la scuola riveste un compito fondamentale nel porne le basi. Ma qualora l’Autonomia differenziata diventasse realtà si creerebbe un sistema scolastico diverso in ogni Regione che configurerebbe cittadini di serie A e cittadini di serie B.