I miti pagani e la loro cristianizzazione

Il cristianesimo si propose e si impose come religione rivoluzionaria e per diversi aspetti lo fu. Ma molti dei suoi simboli sono mutuati dal paganesimo, in quanto espressioni di bisogni e aneliti universali dell'essere umano. Nel presente testo questo fenomeno viene analizzato da più punti di vista.
mito

I miti sono le elaborazioni dei desideri, delle ansie e delle paure dell’uomo religioso, la speranza di appagamento psichico con cui egli cerca di rassicurare la propria esistenza. Del mito non interessa la verifica empirico-razionale della narrazione, ma che questa sia lo specchio simbolico in cui perdersi, proprio come Narciso. Perché il mito eserciti appieno la funzione per la quale lo si è inventato, però, occorre anche che sia condiviso da un gruppo religioso, che nella pratica dei rituali ne confermi la sacralità e ne alimenti il “mistero affabulatorio”.

I popoli antichi, i greci e i romani in particolare, dovevano tuttavia avere piena consapevolezza del carattere inventivo dell’affabulazione mitica, dal momento che molteplici erano non solo le storie di dèi ma anche quelle che ruotavano intorno ad una stessa divinità. La religione non costituiva per loro la Chiesa unica e totale, come sarà per il cattolicesimo che farà della conversione (anche forzata) la sua strategia di evangelizzazione, ma si configurava come rinforzo dello spirito di adesione alla terra, del sentimento di comunione del gruppo con le diverse divinità a cui si chiedeva la protezione (individuale e collettiva) per il miglioramento dell’unica vita concreta da gestire. Gli dèi costituivano una sorta di “pantheon vivente”: personificazioni delle aspirazioni terrene degli uomini, potevano benissimo moltiplicarsi, perché così aumentavano “gli aiutanti” per portare a buon fine le azioni umane. Il cristianesimo, agli dèi del politeismo, contrapponeva la Croce per tutti, il dolore e il martirio auspicabili, anzi da ricercare come strada di espiazione per guadagnare il mitico cielo dopo la morte. Pretendeva anche di essere depositario di una Verità Assoluta che tutti avrebbero dovuto abbracciare abbandonando i falsi idoli. All’inizio, però, costituendo i suoi fedeli un’esigua minoranza, per giunta vista con grande sospetto per il disprezzo verso la vita reale e per la pretesa di separare il “cittadino” dal “credente”, l’impresa di eliminare le divinità pagane appariva assai ardua. I cristiani, allora, cercarono di assimilarle adattandole ai propri fini. È accaduto così, che gli antichi dèi hanno continuato a circolare sì ma sotto le sembianze del Cristo, della Madonna, dei Santi.

I culti solari, analogie tra Cristo e Mitra

I nostri più antichi progenitori dovettero ben presto accorgersi dell’importanza del sole per la fecondità della terra e per la loro stessa vita e pertanto ne festeggiavano i cicli e lo veneravano come un grande dio, capace di dominare con la sua luce le tenebre del dolore e della morte. Un mito greco raccontava che Elios al tramonto salisse in una coppa d’oro, fabbricata per lui da Efesto e che, addormentato, venisse trasportato dall’Oceano verso Oriente per poi salire, all’approssimarsi di Aurora, sul suo carro trainato da velocissimi destrieri e infine così riapparire nuovamente in cielo per annunciare un nuovo giorno. Un mito rassicurante. Esprimeva la certezza che il sole sarebbe ricomparso dopo ogni notte.

Ma, di fronte ad un cosmo che si conosceva assai poco, di fronte ad una natura da cui totalmente si dipendeva per le precarie condizioni di vita che i lunghi inverni rendevano ancora più incerte, proviamo ad imma…

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.