Ribellione ed irrequietezza di un mito: i quarant’anni di Amy Winehouse

Il 14 settembre di quest'anno Amy Winehouse avrebbe compiuto quarant'anni. Cantante di assoluto talento, segnata da un'inquietudine che l'avrebbe accompagnata per tutta la vita, l'artista londinese ci ha lasciato davvero troppo presto. Un libro di recente uscita ne condivide gli aspetti più intimi e ci offre lo spunto per ripercorrerne l'esistenza e la carriera.

È uscito a fine agosto, a pochi giorni dal 14 settembre in cui avremmo celebrato il suo quarantesimo compleanno, Amy Winehouse: In Her Words (HarperCollins), un libro che racconta la giovane cantautrice inglese troppo prematuramente scomparsa a Londra il 23 luglio 2011. Ci sono foto, racconti e memorie di Amy, pagine del suo diario, i sogni di una ragazza. Provava autentico gusto ad elencare le cose che le piacevano, “girare un film in cui sono brutta, (…) diventare amica di Sarah Jessica Parker, Stella McCartney e Eddie Izzard”, e poi collaborare con Timbaland, collezionare scarpe, fare un film con Steve Buscemi. Appunti scritti a penna nel suo diario: “La maggior parte delle persone non mi vuole conoscere sul serio. Gli basta pensare che sono la matta della classe. Beh, a me piace essere diversa, non desidero essere come tutti gli altri, adoro avere il mio stile individuale”.

I genitori dicono che poteva ascoltare una canzone una volta e poi ripeterne il testo a memoria, cantarla come doveva essere cantata. Era cresciuta con i dischi della casa di nonna Cynthia in cui c’era molto spazio per il jazz: cose di Sarah Vaughan, di Ella Fitzgerald. Cantava di tutto, dalle canzoni di Mary Poppins a Frank Sinatra.

Irrequieta sin da giovanissima, non ce la fa a rispettare le regole scolastiche: passa da scuola in scuola, si porta dentro la ribellione permanente della musica. Ha una voce potente, pare argento vivo quello che la anima di sfumature interpretative originalissime, il soul le appartiene visceralmente. Nel 1999 entra nella National Youth Jazz Orchestra, la sua prima esperienza professionale. L’invio di una demo le consente, nel 2002, di ottenere un contratto con l’Island/Universal.

Nel 2003 pubblica il suo primo album, Frank. Tranne un paio di cose, se lo scrive tutto da sola. La sua voce ricorda quella di Sarah Vaughan, a cui somiglia nel timbro, nella capacità interpretativa. “La sua profondità insolita e la potenza della sua voce sono quegli elementi che hanno reso il suo tono umano e divino allo stesso tempo”, scrive Teresa Wiltz sul Washington Post. Pubblico e critica accolgono il lavoro assai positivamente, il disco vende bene. Il Guardian scrive che “la mus…

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.