È uscito a fine agosto, a pochi giorni dal 14 settembre in cui avremmo celebrato il suo quarantesimo compleanno, Amy Winehouse: In Her Words (HarperCollins), un libro che racconta la giovane cantautrice inglese troppo prematuramente scomparsa a Londra il 23 luglio 2011. Ci sono foto, racconti e memorie di Amy, pagine del suo diario, i sogni di una ragazza. Provava autentico gusto ad elencare le cose che le piacevano, “girare un film in cui sono brutta, (…) diventare amica di Sarah Jessica Parker, Stella McCartney e Eddie Izzard”, e poi collaborare con Timbaland, collezionare scarpe, fare un film con Steve Buscemi. Appunti scritti a penna nel suo diario: “La maggior parte delle persone non mi vuole conoscere sul serio. Gli basta pensare che sono la matta della classe. Beh, a me piace essere diversa, non desidero essere come tutti gli altri, adoro avere il mio stile individuale”.
I genitori dicono che poteva ascoltare una canzone una volta e poi ripeterne il testo a memoria, cantarla come doveva essere cantata. Era cresciuta con i dischi della casa di nonna Cynthia in cui c’era molto spazio per il jazz: cose di Sarah Vaughan, di Ella Fitzgerald. Cantava di tutto, dalle canzoni di Mary Poppins a Frank Sinatra.
Irrequieta sin da giovanissima, non ce la fa a rispettare le regole scolastiche: passa da scuola in scuola, si porta dentro la ribellione permanente della musica. Ha una voce potente, pare argento vivo quello che la anima di sfumature interpretative originalissime, il soul le appartiene visceralmente. Nel 1999 entra nella National Youth Jazz Orchestra, la sua prima esperienza professionale. L’invio di una demo le consente, nel 2002, di ottenere un contratto con l’Island/Universal.
Nel 2003 pubblica il suo primo album, Frank. Tranne un paio di cose, se lo scrive tutto da sola. La sua voce ricorda quella di Sarah Vaughan, a cui somiglia nel timbro, nella capacità interpretativa. “La sua profondità insolita e la potenza della sua voce sono quegli elementi che hanno reso il suo tono umano e divino allo stesso tempo”, scrive Teresa Wiltz sul Washington Post. Pubblico e critica accolgono il lavoro assai positivamente, il disco vende bene. Il Guardian scrive che “la mus…