Giacomo Matteotti, i significati di un monumento tra memoria e attualità civile

I monumenti che ricordano Giacomo Matteotti hanno un'importanza storica e civile che, al di là della retorica celebrativa, deve essere recuperata portandola nell'odierna esperienza politica e civile. E quello eretto sulla Flaminia, nel comune di Riano, sul luogo del ritrovamento del deputato socialista, ancora ci invita a farlo. Perché ogni volta che lo visitiamo, è come se fossimo tra due cadaveri: quello dell’antifascismo e della democrazia, da una parte, e quello del bene comune e della buona amministrazione, dall’altra.

I monumenti sono segni materiali che vengono posti a memoria di avvenimenti storici e persone: una memoria necessariamente condivisa almeno da una parte della collettività, e dunque con un valore e una funzione fondanti per la società o per una componente in essa integrata. Non a caso, infatti, sull’importanza politica implicita in alcuni di tali “ammonimenti” (secondo l’etimologia del termine monumentum: da mŏnĕo, far ricordare, far pensare, avvertire) si è discusso spesso, negli ultimi anni, proprio in relazione a cambiamenti della sensibilità comune rispetto a questioni come il colonialismo italiano ed europeo, il ruolo delle donne, lo schiavismo. In tutte queste occasioni, sia che ce ne rendiamo conto oppure no, partecipando a tali discussioni stiamo affermando, con lo storico dell’arte Alois Riegl,[1] qualcosa che forse, senza questo piccolo preambolo, parrebbe al lettore un po’ astratto: i monumenti (e, più in generale, alcuni luoghi storici) sono costituiti di pietra, di legno o di bronzo; ma anche (e, forse, soprattutto) del passaggio delle persone, delle esperienze e del tempo su di essi. Questo passaggio lascia significati e intuizioni che si depositano sulle cose e non le trasformano ma, fintanto che qualcuno le guarda, le rivelano. È solo così che i momenti e le personalità da essi rappresentati possono continuare ad accadere e a vivere per sempre; nulla è eterno e univocamente condiviso in virtù di un’importanza politica o un prestigio storico decisi una volta per tutte, ma soltanto qualora le persone tornino a farne esperienza, a darvi un significato e a intrecciarlo con le proprie vite.

Perciò, in questo centesimo anniversario dal suo rapimento e assassinio per mano fascista avvenuto a Roma il 10 giugno del 1924, proverò a ricordare Giacomo Matteotti attraverso uno dei luoghi legati alla sua fine e all’inizio della sua memoria. Parlando di storia, ma anche dell’esperienza (politica, civile e personale) che possiamo continuare a farne.

In un torrido 16 agosto del 1924, sessantasei giorni dopo il suo rapimento in Lungotevere Arnaldo da Brescia, le spoglie del deputato socialista vengono scoperte dal brigadiere Ovidio Caratelli a circa venticinque chilometri da Roma, nel territorio del Comune di Riano; più precisamente, nella macchia della Quartarella allora proprietà del principe Boncompagni Ludovisi, nella cui tenuta il padre del carabiniere era impiegato come fattore. Ma le contraddizioni nelle deposizioni allora raccolte, le prime impressioni degli inquirenti e alcuni documenti dimostrano chiaramente che il ritrovamento fu pilotato dalla stessa mano che aveva ordito l’assassinio.

Interviste matrioska, i “grandi vecchi” che hanno fatto la storia

Pubblichiamo un estratto dal libro di Ennio Cavalli “Ci dice tutto il nostro Inviato – Un secolo di rivolgimenti e altre minuzie”, edito da Rubbettino editore. Incontri e cronache a cavallo fra il passato e il futuro, “interviste matrioska” con grandi personalità che hanno segnato la storia, dalla penna di un “poeta con i piedi per terra” come lo ha definito Luciano Canfora, che del libro ha curato la prefazione.

Francia: un risveglio di popolo può fermare i prestigiatori del potere

Il presidente prestigiatore che incantava il pubblico con i suoi trucchi ha perso il tocco: Macron in Francia voleva ritrovare margini di manovra per completare il suo mandato quinquennale, ma dal cappello non è uscito l’atteso coniglio, bensì il caos a destra e una potente forza a sinistra, che potrebbe riservarci sorprese.

Gli inganni 
di Foucault

Nel quarantennale della morte di Michel Foucault, lo ricordiamo con l’estratto di un saggio/lettera pubblicato nel numero 8/2020 di MicroMega, che dedicammo al concetto di biopolitica, a chiusura del primo anno di pandemia da Covid-19. La pandemia aveva infatti riportato alla ribalta tale pilastro del pensiero filosofico di Michel Foucault, di enorme successo negli ultimi decenni, specie in alcuni ambienti del pensiero filosofico-politico di sinistra. In una lettera a Roberto Esposito, a tutti gli effetti il principale esponente della biopolitica in Italia, il direttore di MicroMega Paolo Flores d’Arcais si lanciava in una rigorosa e appassionata invettiva contro quello che in definitiva, per lui, non è che contraddizione e vuoto filosofico. Foucault, secondo d’Arcais, aveva promesso ipotesi verificabili e confutabili, le ha invece sostituite con ipostasi che del significato di quei fatti diventano matrice e demiurgo. La sua bestia nera finisce per essere l’impegno riformatore, anche il più radicale.