Nomadi digitali (PODCAST)

Recentemente, complice la pandemia, anche in Italia si è iniziato a parlare in maniera importante del nomadismo digitale. Alberto Mattei, fondatore di nomadidigitali.it, ci racconta gli albori e gli sviluppi di questo stile di vita che oggi è diventato un trend in crescita.

Era il 1997 quando per la prima volta si sente parlare di nomadismo digitale in un libro che dà il nome: Digital Nomad di Tsugio Makimoto e David Manners, i quali avevano in qualche modo previsto la rivoluzione che internet e il digitale avrebbe portato nelle nostre vite e quindi nelle nostre modalità lavorative.

Se oggi da una parte la pandemia ci ha costretti al lavoro da remoto, accelerando quindi un processo già in corso da anni, dall’altra si rende necessario un vero e proprio cambiamento di paradigma, che permetta un’inclusione maggiore delle nuove figure professionali che si stanno delineando e delle relative modalità di lavoro. 

In Italia un grande contributo alla diffusione di questo stile di vita si deve ad Alberto Mattei, creatore del sito nomadidigitali.it e tra i fondatori dell’Associazione italiana nomadi digitali che in questa puntata ci racconta gli albori e gli sviluppi di quello che oggi è diventato un trend in crescita.

Ascolta “Nomadi digitali” su Spreaker.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.