La terra, la pace, l’antimafia. Le lotte concrete di Pio La Torre

A fianco dei braccianti siciliani. L’impegno antimafia. La battaglia contro l’installazione dei missili nucleari a Comiso. E la straordinaria capacità di partire dalle cose per affermare le idee. Un ricordo di Pio La Torre, parlamentare del Pci e segretario regionale del partito in Sicilia, assassinato a Palermo il 30 aprile del 1982.

“Fui mandato nelle Madonie con la motocicletta insieme a un altro giovane per far nascere le leghe bracciantili”. Comincia così, a 18 anni, la lotta di Pio La Torre al fianco dei braccianti siciliani. Nato nel 1927 nella borgata Altarello di Baida, la cosiddetta Conca d’oro, Pio ricordava spesso che la domenica i contadini vestiti a festa si dirigevano dalla sua borgata verso il centro città dicendo “Vaiu a Palermu”. Suo padre era uno di loro: possedeva un piccolo agrumeto e una casetta e lavorava come bracciante per buona parte dell’anno.

Partecipare all’emancipazione del popolo

La Sicilia di quei tempi non era molto diversa da quella dell’Unità d’Italia. “Avevo i miei congiunti, i miei parenti, i miei compagni d’infanzia che ogni giorno mi mettevano a contatto drammatico con quella realtà di sofferenze e di miserie” ricorderà lui in uno scritto autobiografico. Un ricordo che fa il paio con la descrizione del giovane La Torre fatta dal docente che lo accompagnò alla maturità tecnica industriale e sei mesi dopo a quella scientifica. “Molte volte – afferma il professore Scaglione (così lo chiamavano i suoi studenti) nel bel saggio di Giovanni Burgio (Centro Pio La Torre, 2008) – gli uomini partono dalle idee per arrivare alle cose, mentre La Torre partiva dalle cose per arrivare alle idee”. 

Le cose da cui partire sono le condizioni di vita della sua gente, la drammatica evidenza dello sfruttamento e delle disuguaglianze. Il giovane si butta a capofitto nella lotta, mettendoci tutta l’inquietudine di chi pensa che sia suo preciso dovere liberare il popolo dall’oppressione. Nel 1946 Pio La Torre conosce la violenza della mafia separatista mentre fa proseliti e apre sezioni del Partito comunista nelle borgate di Palermo. Sì guadagna l’affetto dei braccianti e della gente di borgata leggendo per loro la sera, ovviamente le pagine dell’Unità. Quell’appuntamento quotidiano in sezione forma il dirigente politico e forma le coscienze di chi lo ascolta, crea fiducia nello studente e senso di appartenenza a una causa, a una comunità. 

“La cosa mi entusiasmò a tal punto – racconterà poi La Torre – da spingermi ad abbandonare gli studi universitari per diventare funzionario della Confederterra (si laureò poi in Scienze politiche anni dopo, nel 1961, ndr). Dal 1° febbraio 1947 inf…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.