Opus Dei, l’altra verità

Abuso di potere, tratta di esseri umani, sfruttamento e servitù. La vera storia della prelatura fondata da Josemaría Escrivá de Balaguer – proclamato santo da Giovanni Paolo II – è segnata dalla violenza subita da molte persone che ne hanno fatto parte.

«Sono entrata a far parte dell’Opus Dei all’insaputa e senza il consenso dei miei genitori. Ho lavorato come collaboratrice domestica per 16 ore al giorno, 7 giorni la settimana, 12 mesi all’anno senza pause, ferie, giorni di malattia e senza percepire alcuna retribuzione», è lo sfogo accorato che raccolgo da Filomena (nome di fantasia), una donna inglese che insieme ad altre 42 numerarie ausiliari[1] ha denunciato la prelatura dell’Opus Dei davanti al Vaticano e alla Congregazione per la Dottrina della Fede, nel settembre del 2021. L’accusa è “Abusi di potere e di coscienza” con sottomissione delle vittime a situazioni di sfruttamento personale.

Papa Francesco ne viene a conoscenza, svolge un’accurata indagine e, qualche mese più tardi, promulga due provvedimenti di portata epocale per l’Opus Dei: il primo sancisce la natura esclusivamente clericale dell’istituzione, i laici sono eventualmente al servizio del clero e non viceversa come invece Escrivá ha sempre voluto far credere; il secondo stabilisce che il prelato (attualmente Mons. Fernando Ocáriz) non sarà più insignito, né insignibile dell’ordine episcopale, non potrà essere vescovo come invece lo furono i suoi predecessori Álvaro del Portillo e Javier Echevarría Rodriguez. Da quel momento il governo dell’Opus Dei si fonderà sul carisma più che sull’autorità gerarchica[2]. Ma «non può essere carisma qualcosa che lede e abusa così della coscienza delle persone e viola la loro libertà» sono le parole di Marta (nome di fantasia) che ha subito per un lungo periodo atti di abuso spirituale, controllo sistematico della coscienza e violenza psicologica, con intromissione invadente nella vita famigliare e negli spazi della sua abitazione, da parte di preti e laici dell’Opus Dei.

Oggi appaiono lontani i giorni festosi che prepararono quel 6 ottobre 2002, quando il fondatore fu proclamato santo. La storia della prelatura, in Italia, che è stata segnata da profonde crisi interne (come quella degli anni ‘50 quando tutta la direzione centrale se ne andò lasciando Escrivá, da solo, al comando dell’Opus Dei, quella del 1973 quando uno degli uomini più vicini a Escrivá, il prete Ugo Parroco, abbandonò l’istituzione, lasciando il sacerdozio e sposandosi) segue comunque una parabola discendente solcata da avvenimenti di portata anche internazionale.

Torniamo indietro di qualche decennio, nel 1988: a sette anni dalla promulgazione del Decreto che introduce la Causa di canonizzazione di Josemaría Escrivá de Balaguer, termina l’elaborazione della Positio[3], ossia la trattazione, in quattro volumi per un totale di 6.000 pagine, della vita e delle virtù del Servo di Dio. Sappiamo che l’esito del processo canonico sarà positivo, Giovanni Paolo II procla…

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.