Siria del Nord-Est: la democrazia femminile che il mondo si ostina a non voler vedere

I bombardamenti turchi di queste settimane non sono diretti contro tutti i movimenti curdi, ma contro la sinistra curda, che propone un modello di Medio Oriente agli antipodi rispetto a quello animato dal revival islamista propugnato da Erdoğan e dai suoi alleati in Kurdistan e altrove.

Poco si è detto, in questi giorni, dei bombardamenti turchi su combattenti e civili in Iraq e in Siria. La minaccia di un’invasione di terra dell’Amministrazione siriana autonoma del nord-est (Aanes) costituita su iniziativa del Partito dell’unione democratica curdo (Pyd) è al momento sospesa a causa delle perplessità mostrate dalla Russia, che ha in quei territori truppe d’interposizione. Resta però, a causa della già dimostrata inaffidabilità di Mosca e degli Stati Uniti in quell’area, possibile da un momento all’altro. Difendere l’Aanes dal governo turco ha un significato che va oltre la difesa dei curdi come popolazione oppressa. Per capire perché, occorre prendere atto del carattere politico della rivoluzione promossa dalla sinistra curda.

I curdi sono quaranta milioni di persone distribuite su quattro paesi (Turchia, Iran, Siria e Iraq). Come ogni popolazione al mondo si dividono politicamente sulla base di interessi e valori. Le due tendenze principali in tutte le regioni curde sono quelle della destra nazionalista, che vorrebbe costituire uno stato indipendente tradizionalista, conservatore e concentrato sul commercio di combustibili fossili e quella di una sinistra universalista che propone una confederazione tra autonomie regionali (curde e non) che non metta in discussione l’integrità territoriale degli stati esistenti. La destra è rappresentata dal Partito democratico del Kurdistan (Pdk), legato a ricchi clan curdi iracheni, e ai suoi satelliti in Iran e Siria; la sinistra dal Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) in Turchia e Iraq, collegato a movimenti di analoga ispirazione ideologica in Siria e in Iran.

Il Pdk ha nel tempo guadagnato un certo controllo sul Kurdistan iracheno e stabilito relazioni strategiche con Stati Uniti, Turchia e Israele, arrivando a muovere guerra contro il Pkk per conto di Erdogan. Il Pkk ha invece elaborato una teoria della democrazia e della liberazione delle donne nel XXI secolo che ispira il Pyd nella promozione dell’autogoverno nel Kurdistan siriano (Rojava). Gli itinerari politici del Kurdistan iracheno e di quello siriano sono perciò diversi se non opposti, e analoghe differenze di prospettiva possono riscontrarsi tra i partiti curdo-iraniani impegnati nella mobilitazioni contro la repubblica islamica. Per la destra curda l’islam (sunnita) resta un punto di riferimento, anche se mediato dalla tradizione sufi e concepito come norma di vita familiare più che pubblica. Per il Pkk e il Pyd l’islam è invece una delle diverse eredità culturali cui attingere per costruire una modernità democratica. Là dove non prevale l’ateismo conclamato tra i militanti, si apprezza uno straniante mistici…

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.