La fusione nucleare è una speranza per il futuro

Un problema che ha afflitto la ricerca sulla fusione nucleare, come peraltro anche quella sulle energie alternative ai fossili, è stata la relativa scarsità di investimenti. Oggi invece porta investimenti industriali, ricerca di qualità e opportunità di lavoro e formazione altamente qualificata. Domani potrebbe essere protagonista di un futuro energetico sostenibile e più pacifico.

Se state leggendo questo articolo sulla fusione nucleare lo dovete a un incessante movimento. A pensarci bene era così anche quando un libro veniva stampato solo sulla carta: si muoveva la carta, dalle cartiere alla tipografia, si muovevano i meccanismi delle macchine per la stampa e la rilegatura, si muovevano le copie fino all’edicola e poi verso casa dei lettori. Movimenti macroscopici che, con la digitalizzazione dell’editoria sono stati rimpiazzati da altri, del tutto invisibili: il continuo flusso di particelle elementari che vi scorre davanti agli occhi. Che detta così, lo ammetto, vi fa venire qualche dubbio sul continuare a leggere queste righe, ma che in realtà altro non è, quel flusso, la corrente elettrica che alimenta il vostro dispositivo di lettura, sia esso un cellulare, un tablet o un personal computer. E così come per trasportare la carta o stampare occorreva energia, ce n’è bisogno anche per un’attività apparentemente immateriale come l’utilizzo della rete. La domanda di servizi digitali sta crescendo rapidamente. Un recente rapporto dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (Iea) ricorda che dal 2010 il numero di utenti Internet in tutto il mondo è più che raddoppiato, mentre il traffico Internet globale è aumentato di 20 volte. I rapidi miglioramenti nell’efficienza energetica hanno contribuito a moderare la crescita della domanda di energia di data center e delle reti di trasmissione dati, due entità che oggi contribuiscono ciascuno per una frazione di circa l’1-1,5% al consumo globale di elettricità. Nonostante il consumo energetico finora non sia cresciuto proporzionalmente al volume dei dati, le proiezioni sulla rapida crescita di servizi informatici relativi a comunicazioni, intrattenimento, finanza, intelligenza artificiale – solo per fare degli esempi – indicano che essi diventeranno presto protagonisti degli scenari energetici. Basti pensare che già oggi il sistema delle criptovalute – ancora scarsamente diffuse – utilizza più energia elettrica di Paesi come la Norvegia o la Danimarca.

A fronte dell’odierno 61% della nostra energia elettrica ancora prodotto da fonti fossili è facile cogliere come, in assenza di un cambiamento drastico del nostro paniere elettrico, il mondo virtuale, per quanto dematerializzato, avrà un impatto assai reale sulle emissioni di gas serra.

In questo quadro, reso ancor più complesso dalla guerra in Ucraina che ha esposto la debolezza di un’Europa dipendente dal gas russo e dal troppo spesso dimenticato tema della povertà energetica – un decimo della popolazione mondiale non ha ancor oggi accesso all’energia elettrica, con conseguenze umanitarie e geopolitiche drammatiche – abbiamo assistito nell’ultimo anno a una fortissima ripresa dell’interesse sulla fusione termonucleare. La fusione è un processo che riguarda il nucleo degli a…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.