Autore: Martino Mazzonis

Giornalista freelance, segue le vicende statunitensi dal 2006, sugli USA e su altro ha scritto per numerose testate, tra cui L'Espresso, l'Unità, Il Riformista, Limes, Aspenia, Il Manifesto e L'Essenziale. In passato ha lavorato al desk esteri di Liberazione, dove ha cominciato il lavoro americano, a Pagina99 e a Left. Nel 2020, con il politologo Mattia Diletti, ha curato un progetto multimediale per Treccani sull'anno elettorale negli USA (articoli, newsletter, social media e podcast). Sulla politica e società USA ha scritto Come cambia l'America. Politica, società ed economia al tempo di Obama (Edizioni dell'Asino, 2009, con Mattia Diletti e Mattia Toaldo) e Tea Party, la rivolta populista e la destra USA (Marsilio, 2012, con lo storico Giovanni Borgognone). Con il documentarista Angelo Loy è autore del documentario Gli spaesati, che racconta le migrazioni indotte dal cambiamento climatico in Bangladesh, e sta lavorando a un progetto sulle Filippine.

Joe Biden nel vicolo cieco di Gaza

La guerra di Netanyahu a Gaza rappresenta una delle principali sfide di Biden, assieme elettorale e diplomatica. Se il presidente Usa non riesce a venirne a capo con una soluzione che rispetti i diritti dei palestinesi rischia di perdere il sostegno da un lato di una grossa fetta di elettorato dem, a partire da giovani e minoranze, e dall’altro degli alleati arabi in Medio Oriente.

“I have a dream”, 60 anni dopo

60 anni fa, durante la March for Jobs and Freedom di Washington, Martin Luther King teneva il suo più celebre discorso. Un discorso che nel corso dei decenni è stato spesso svuotato del suo contenuto antagonista in seguito all’estrapolazione delle parti che sembrano invitare soltanto alla concordia. Ma, pur venendo criticato dalla sinistra radicale afroamericana, il reverendo era solito pronunciare parole risolute nonostante i toni accomodanti che le accompagnavano.