Berlinguer, l’ultima battaglia. Introduzione a “Opposizione”

L’11 giugno 1984, quattro giorni dopo l’ictus che lo aveva colto durante un comizio a Padova, moriva Enrico Berlinguer. Un’eredità, quella dell’ex segretario del Partito comunista italiano, più viva che mai, non solo per la sua lungimiranza politica ma anche per alcune analogie tra quel 1984 e il 2024 che stiamo attraversando. Le traccia Luca Telese nell’introduzione al suo libro “Opposizione. L’ultima battaglia di Enrico Berlinguer”, che qui pubblichiamo per gentile concessione dell’autore e dell’editore Solferino.

Questo libro è nato in un giorno del 2022, in una Casa del Popolo e del Pecorino, costruita ai Castelli di Roma da un gruppo di pastori sardi, quasi tutti comunisti, migranti economici trapiantati nel Lazio dei primi anni Sessanta.

Lo so, a prima vista può sembrare un immaginifico titolo del «Cuore» di Michele Serra, o uno dei racconti postmoderni e fantastici di Stefano Benni, ma è tutto vero: quei pastori erano stati «invitati» dai proprietari di terre e dagli allevatori del Lazio a lasciare le loro case e a trasferirsi a Campoleone, per fare il pecorino romano: sbarcati in un nuovo mondo come «emigranti del formaggio». E lì sono rimasti. I segni potenti del secolo del lavoro sono ancora incisi nelle rughe e nelle cicatrici del nostro paesaggio, e sono ancora oggi la carta d’identità della sinistra. I leoni che sono stati scalpellinati dai ponti di Venezia, per ordine di Napoleone, hanno lasciato un foro abraso nei marmi. E i fasci littori che sono stati sradicati dai muri nel 1945 riescono ancora a proiettare la loro ombra sui muri e sulla politica di questo complicato inizio secolo. In un gioco di ombre discronico, la vittoria degli eredi del Msi ha fatto ridiventare vicino tutto quello che sembrava lontano. I cento anni trascorsi dall’omicidio di Giacomo Matteotti sono oggi molto più vicini a noi dell’anniversario dei cinquanta.

Oggi quella Casa del Popolo di Campoleone è ancora un centro sociale culturale vivacissimo. Aveva fatto in tempo a diventare la seconda casa di Dante Franceschini, ex partigiano, decano della scorta di Enrico.

Grazie a lui, che mi ci aveva portato, l’avevo scoperta nel 2006. Con la sua comunità ha seguito tutte le complicate svolte della sinistra italiana nel corso degli anni, ha ospitato generazioni di figli e oggi di nipoti, ma dopo mezzo secolo è ancora in piedi: uno dei tanti gangli di un ricchissimo e variegato tessuto di associazioni democratiche che in questo Paese è sopravvissuto a qualsiasi tempesta. Ne conosco tanti di luoghi così, e ognuno ha la sua storia: la Casa del Popolo di Asti, guidata da un pugno di giovani e indomabili ragazze trentenni, il «Fuori Orario» di Taneto di Gattatico, il CostArena di Bologna, i circoli Anpi accesi come lampadine nel buio (un esempio su tutti: quello di Mirandola), nei tanti comuni rossi che in questi anni sono caduti in mano al centrodestra, come birilli.

Ho fatto questi nomi per citare degli esempi diversissimi e vincenti. C’è ancora vita, su Marte, ma rigorosamente fuori dai partiti: bisognerebbe iniziare a chiedersi perché.

Mi trovavo proprio a Campol…

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Il captagon non è soltanto la droga sintetica più popolare tra i giovani del Nord Africa e del Medio Oriente. Essendo prodotta principalmente in Siria, i grandi introiti che ne derivano vanno a finanziare le casse del corrotto regine di Assad. Inoltre è spesso usata dai guerrieri jihadisti per abbassare le inibizioni e aumentare le prestazioni durante combattimenti e azioni militari o di guerriglia.

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