Eni lava più verde (nel silenzio dei media)

Dopo i guai giudiziari in Africa e il Petrolgate in Basilicata, gli ambientalisti denunciano il tentativo del colosso petrolifero di costruirsi un’immagine pubblica “green” non corrispondente alla sua azione.

Il 12 maggio si è tenuta l’annuale assemblea degli azionisti di Eni. Viste le contingenze, l’appuntamento è stato online e a porte chiuse, così come l’anno scorso, con poco o nessun riscontro da parte degli organi di stampa. Nella stessa giornata si sono tenute una serie di manifestazioni, animate da gruppi di attivisti e attiviste: Fridays for Future, Extinction Rebellion, Greenpeace e altri. Anche di questo si è sentito parlare poco o nulla.

Eppure di questioni che meriterebbero le prime pagine il colosso petrolifero ne offre parecchie. Nel corso del mese di marzo sono per esempio giunti al termine due procedimenti giudiziari che vedevano la multinazionale energetica tra i protagonisti, uno relativo alla Repubblica del Congo e uno relativo alla Nigeria, entrambi ben documentati dall’associazione Re:Common.

Che cosa è successo in Nigeria?

Eni è stata coinvolta, insieme a Shell, in un processo internazionale riguardante quella che è stata definita la più grande (presunta) tangente finita in tribunale. Il caso è denominato OPL245, dal nome del blocco petrolifero al centro della vicenda: un giacimento al largo della costa nigeriana.

Secondo l’accusa Eni e Shell avrebbero pagato una maxitangente di circa un miliardo e cento milioni di dollari per ottenere la licenza, versando sul conto del governo nigeriano denaro che, per vie traverse, sarebbe servito a corrompere politici e funzionari ai fini dello sfruttamento del blocco. I procuratori hanno chiesto per Claudio Descalzi e Paolo Scaroni (l’ex amministratore delegato di Eni) fino a otto anni di carcere e la confisca di una cifra equivalente alla presunta tangente. A marzo, dopo tre anni di indagine e otto anni di udienze, il processo si è concluso con un’assoluzione perché, secondo i gi…

Orlando Figes e la copertina di Storia della Russia

Orlando Figes: “La società russa non coincide né con i miti di Putin, né con gli schemi dell’intelligencija liberale”

“Storia della Russia. Mito e potere da Vladimir II a Vladimir Putin” di Orlando Figes racconta in che modo la propaganda e il regime di Stato riscrivono la storia della Russia in base ai miti del potere, presentandola in questo modo sia ai russi, sia al mondo esterno. Ma la società russa, spiega lo studioso in questa intervista, non coincide con lo Stato né con la sua propaganda. E però, come dimostrano il protagonismo contadino durante i secoli e l’esperienza rivoluzionaria del 1917, nella sua autodeterminazione democratica non coincide neanche con il modello liberale e occidentalista auspicato dall’intelligencija, la quale a sua volta sconta uno scollamento sempre più forte dalla società.

Gli (infruttuosi) tentativi vaticani di contrastare l’ateismo

Fra i nemici principali della Chiesa cattolica c’è certamente l’ateismo, che i diversi papi – da Pio XII fino a Francesco – hanno cercato di combattere con strade diverse: facendo leva sui Paesi fuori dall’Europa, identificando nel comunismo ateo il male o tentando la strada del dialogo come nel caso del Cortile dei Gentili del cardinale Ravasi. Ma le strategie si sono rivelate tutte inefficaci.

Governo Sánchez in Spagna. Sánchez e Iglesias alla Moncloa

In Spagna si gioca il futuro della sinistra europea

Nonostante anni molto complicati, fra crisi pandemica e guerra, il governo Sánchez in Spagna, sostenuto esclusivamente da forze di sinistra, ha dimostrato che è possibile realizzare politiche progressiste, a vantaggio delle fasce più deboli della popolazione. Un bilancio.