Il G8 di Genova (soprattutto quello femminista) raccontato a chi non c’era

La violenza poliziesca e la ferita inferta alla democrazia hanno seppellito a lungo i contenuti dello sguardo femminista di allora, fortemente profetici sui pericoli della globalizzazione neoliberista. Riflessioni e lotte ancora attuali e più che mai necessarie.

A vent’anni dai fatti di Genova le generazioni più giovani chiedono, vogliono sapere, vogliono capire. Hanno bisogno del racconto reale di chi c’era e il G8 l’ha vissuto sulla propria pelle. Ho provato a rispondere a molte domande che mi sono stata poste dall’inizio del 2021 con il libro Voi siete in gabbia, noi siamo il mondo-Punto G. Il femminismo al G8 di Genova (2001-2021) edito da VandA, nel quale ho intrecciato il racconto personale e quello politico non solo degli eventi, ma anche di elaborazioni teoriche e progetti femministi purtroppo occultati dai fatti di luglio 2001. Non è molto noto che un mese prima, in due giornate, oltre 1.500 attiviste pacifiche si riunirono a Genova da tutto il mondo per l’appuntamento PuntoG-Genova, genere, globalizzazione, un appuntamento straordinario, nel quale vivemmo l’illusione che l’intelligenza collettiva di donne tanto diverse come storia, età, retaggi e allo stesso tempo così in sintonia sul desiderio di trasformare il mondo potesse avere la meglio sull’ottusità della violenza. La morte di un ragazzo, la violenza poliziesca, quella dei block bloc, il sangue, gli abusi, la ferita inferta alla democrazia hanno seppellito a lungo, inevitabilmente, i contenuti dello sguardo femminista di allora, che furono fortemente profetici sui pericoli della globalizzazione neoliberista nell’impatto sulle nostre vite e sul pianeta. Questo sguardo, allora premonitore, è ancora oggi limpido, attuale, più che mai necessario ed è di questo che tratto nel libro. Ecco un estratto da Voi siete in gabbia, noi siamo il mondo Punto G. Il femminismo al G8 di Genova (2001-2021) .

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C’è una me che ha fatto politica come femminista prima del G8, e la me dopo quei nove mesi seduta al tavolo dei portavoce del gsf in rappresentanza della Marcia Mondiale delle Donne, la rete femminista che prese parte alle iniziative di luglio e soprattutto organizzò un mese prima Punto G-Genova, Genere, Globalizzazione, che vide oltre 1500 attiviste pacifiche da tutto il mondo riunite a Genova.

A ispirarci e a guidarci all’epoca fu, tra le altre, il pensiero laico e fermo di Nawal al-Sa’dawi, simbolo della lotta delle donne per la laicità, la democrazia e la secolarizzazione nei paesi del Medio Oriente, che così definisce la lotta delle donne: «È il femminismo il vero umanismo, e il pensiero politico che unifica tutte le grandi utopie: quella socialista, quella pacifista, quella nonviolenta, quella anticapitalista. Il vero obiettivo comune da raggiungere è la solidarietà tra le donne, una solidarietà politica in cui si esaltino le cose che ci uniscono e si continui a lavorare su ciò che …

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.

Il lavoro invisibile delle donne

Se le condizioni del lavoro sono complessivamente peggiorate per tutti negli ultimi decenni in Italia, il lavoro delle donne è stato nettamente il più penalizzato. Costrette dalla maternità (effettiva o potenziale) a scelte sacrificate e di povertà, molte percepiscono un reddito inferiore rispetto a quello maschile, sono precarie, e spesso invisibili.