Genova 2001: l’inizio della fine

Nell’estate del 2001 un altro mondo sembrava davvero possibile. Oggi, venti anni dopo, di quell’entusiasmo rivoluzionario non è rimasto più nulla. La globalizzazione è andata avanti inarrestabile e l’intero quadro politico è slittato a destra. Una gigantesca regressione che ha mutato in peggio le condizioni della politica nei paesi capitalistici.

GENOVA 2001-2021: LO SPECIALE DI MICROMEGA+

Vent’anni fa, nell’estate del 2001 e alla vigilia del G8 di Genova, il futuro in Italia – e visto dall’Italia il futuro del mondo – sembrava appena cominciato. “Un altro mondo è possibile” era la parola d’ordine o il significante vuoto (Laclau) che si diffondeva tra i giovani appena approdati alla politica come tra i vecchi militanti di mille battaglie perdute. E quello slogan annunciava una trasformazione radicale finalmente a portata di mano.

La rottura era avvenuta già a Seattle, dove nel 1999 grandi manifestazioni avevano contestato l’ordine della governance neoliberale globale – l’ordine della WTO, del FMI, della Banca Mondiale e delle imprese transnazionali – nel cuore stesso dell’impero occidentale, per poi esplodere nuovamente al G7 di Washington nel 2000. Nel gennaio 2001 si era tenuto invece il primo World Social Forum a Porto Alegre. In Italia la sinistra radicale era già abbastanza divisa ma resisteva al 10% e sembrava in ascesa, tanto che le sue istanze riuscivano talvolta a influenzare anche la sinistra moderata e le forze che la componevano erano in grado di muoversi sul terreno dell’egemonia, condizionando il dibattito pubblico sui temi del lavoro, dell’ambiente, dei diritti.

Al centro di questa sinistra c’era anzitutto Rifondazione, un partito un po’ eclettico, che si proponeva di rinnovare la tradizione del comunismo italiano e dell’eurocomunismo coniugandola con le nuove domande di giustizia sociale e ambientale e con un nuovo sistema dei bisogni. Un partito che negli anni precedenti aveva avuto il coraggio di rompere con la coalizione di centrosinistra e di uscire dal governo e ne aveva pagato un prezzo anche molto alto in termini di criminalizzazione mediatica; ma che proprio per questa ragione era stato capace di intercettare la sofferenza e le domande di cambiamento di ampi strati sociali e di una pluralità di soggetti messi in difficoltà dalle contraddizioni della globalizzazione capitalistica: lavoratori tradizionali travolti da esternalizzazioni e compressione del costo del lavoro; giovani generazioni di nuovi lavoratori precarizzati dalle numerose controriforme del mercato del lavoro; minoranze e gruppi particolari discriminati e alla ricerca di un riconoscimento da lungo tempo at…

Il maschilismo dei dati

La gran parte delle decisioni negli ambiti più disparati oggi viene presa a partire dai dati. Dati che però nella stragrande maggioranza riguardano solo ed esclusivamente gli uomini.

Le radici biologiche del linguaggio umano

Studiare da un punto di vista evolutivo il linguaggio umano è un’operazione estremamente complessa poiché, a differenza di altri tratti biologici, dipende da strumenti nervosi e anatomici che non fossilizzano e non lasciano tracce. Ma lo studio del canto degli uccelli ci fornisce un prezioso strumento comparativo per perseguire tale scopo.

La crisi della sinistra e il problema della proprietà

Abbandonando il tema del lavoro appiattendosi su posizioni monetariste, la sinistra ha rinunciato anche ad affrontare propriamente il tema della proprietà. Riguardo quella pubblica, per allontanarsi dal nazionalismo comunista sovietico, ha osteggiato ogni forma di demanializzazione e nazionalizzazione dei beni e delle produzioni, favorendo privatizzazioni, svendite degli assets economici prioritari a tutto danno del Paese e a favore di grandi potenze multinazionali. Ma la gestione condivisa dei beni collettivi non può essere trasferita alla sfera privata.