Ucraina, un patrimonio in pericolo

Ferma restando la prioritaria e urgente necessità di proteggere e aiutare le persone, la guerra in Ucraina costringe anche a un’allerta sul patrimonio culturale di questo Paese, a rischio sotto bombardamenti che non risparmiano le strutture civili.

L’Unesco, agenzia delle Nazioni Unite specializzata nella salvaguardia e nella conoscenza del patrimonio culturale nel mondo, fu fondata nel 1945, all’indomani della seconda guerra mondiale, con lo scopo programmatico di promuovere la pace e la comprensione tra le nazioni con l’istruzione, la scienza, la cultura, la comunicazione e l’informazione, per promuovere «il rispetto universale per la giustizia, per lo Stato di diritto, per i diritti umani e le libertà fondamentali» che verranno definiti e affermati, nel 1948, dalla Dichiarazione universale dei diritti umani. Se il primo conflitto mondiale, infatti, aveva solo limitatamente danneggiato il patrimonio culturale dei Paesi più colpiti (e tuttavia passarono alla storia il bombardamento della cattedrale di Reims, già citata da Proust per le sue vetrate paragonabili a gioielli finemente cesellati, e la distruzione della città di Lovanio da parte dei tedeschi nell’agosto del 1914, in cui furono dati alle fiamme 300 mila libri e manoscritti antichi e devastati 2 mila edifici, ricordata anche come “stupro del Belgio” per le orrende violenze perpetrate in quella circostanza), il secondo conflitto fu, da questo punto di vista, esponenzialmente più severo. Tra le opere, i reperti e gli edifici di pregio artistico e archeologico distrutti o gravemente danneggiati negli anni tra il 1943 e il 1945 da parte sia dei tedeschi sia degli Alleati, ne ricordo qui solo alcuni: l’incendio delle antiche Navi di Nemi (31 maggio 1944), il bombardamento della Cappella Ovetari a Padova con gli affreschi di Andrea Mantegna (11 febbraio 1944) e l’incendio della Flakturm Friedrichshain a Berlino (maggio 1945) in cui andarono perdute migliaia di sculture, tessuti antichi, manufatti e dipinti tra cui opere di Caravaggio, Andrea del Sarto, Luca Signorelli, Sebastiano del Piombo, Domenico Ghirlandaio, Jusepe de Ribera, Peter Paul Rubens e Paolo Veronese. Per non parlare, ovviamente, dei danni a intere città, come quelli inferti dal terribile bombardamento di Dresda tra il 13 e il 15 febbraio del 1945.

Se crediamo che questo scempio riguardi solo il secolo passato, bisogna ricordare i danni recenti al patrimonio culturale in Afghanistan (non solo i Buddha di Bamiyan nel 2001), e anche in Iraq, in Siria, in Yemen: regioni dove tuttora le organizzazioni internazionali tentano di proteggere testimonianze e reperti storici non soltanto dalla distruzione, scientemente mirata alla cancellazione culturale e alla prostrazione sociale, psicologica ed economica delle vittime, ma anche dal contrabbando di preziosi e antichi manufatti verso le collezioni private dei ricchi di tutto il mondo.

Oggi la guerra in Ucraina, ferma restando la prioritaria e urgente necessità di proteggere e aiutare le persone, costringe anche a un’allerta sul patrimonio culturale di questo Paese, a rischio sotto bombardamenti che non risparmiano le strutture civili. Per questo motivo, il 3 marzo l’Unesco ha

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.