La stazione di Lviv

Ore in fila alla stazione di Lviv, Leopoli in italiano, senza lasciare il posto neanche dopo l’allarme bomba per non perdere l’occasione di acquistare l’agognato biglietto del treno. Per poi sentirsi dire che i biglietti sono finiti. E che non si sa quando sarà il prossimo treno.

La stazione di Lviv, Leopoli in italiano, è presa d’assalto già dalla prime ore del mattino.

Mentre la città fatica a svegliarsi dopo l’ennesima notte di coprifuoco e sirene, chi si trova in strada alle 6:30 della mattina ha due destinazioni: le chiese per pregare contro la guerra e la stazione ferroviaria per scappare. Arrivano da tutte le oblast’, come si chiamano le regioni dell’Ucraina e, dopo qualche giorno nella città dove tutti si stanno rifugiando, hanno deciso di partire. “Non è più sicuro qui e non lo sarà nemmeno la Polonia”, ci racconta una donna in fila alla biglietteria per i biglietti per Przemysl, prima città oltre il confine polacco e punto di snodo verso Cracovia e Varsavia.

Lei ha “solo” una sessantina di persone davanti e si trova a metà fila, quest’ultima si svuota e si riempie con cadenza regolare dettata dai flussi di chi offre passaggi in macchina fino al confine, esattamente al doppio del costo del treno, a volte anche qualcosa di più. Alcuni accettano, soprattutto le famiglie dopo che l’altoparlante della stazione annuncia che l’unico treno del giorno diretto in Polonia sarà alle 17. “Sono le 8:30, sarà una lunghissima giornata perché di solito arriva in ritardo e ci mette anche 12 ore invece delle 3 previste”, aggiunge una signora. Intanto le persone in fila sono diventate duecento e per ogni biglietto acquistato ci vogliono diversi minuti per il controllo dei passaporti e dei documenti dei bambini.

Quando arriva il suono della prima sirena che avverte di un bombardamento imminente, le persone non fanno un passo, restano immobili per paura di perdere la possibilità di partire. Solo l’addetta alla biglietteria sparisce per 40 minuti, prima di tornare e trovare tutti come li aveva lasciati. “Non mi muovo da qui perché mi fa più paura restare altri giorni qui che una bomba sulla stazione”, ci dice Andrej con grande freddezza. Per raccontare la sua storia in inglese si fa aiutare da un’applicazione dello smartphone, ci tiene a tutti i dettagli. “Io sono un saldatore specializzato nell’industria, sto andando in Belgio, ad Anversa, dove ci sono mia moglie e mio figlio di 4 anni. Voglio raggiungerli perché sono stanco di stare qui”, racconta mentre pazientemente resta in fila. Lui è di Sumy, città che si trova sul confine est ed è stata una delle prime città prese dall’esercito russo. È russofono, la sua famiglia si sente russa ma anche ucraina. “Siamo sempre stati poveri, io lavoro da quando ho 14 anni…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.