La democrazia non crede in Dio

Affinché la democrazia possa essere esercitata, la parola divina e l’esistenza stessa di qualsiasi entità mistica superiore devono essere assolutamente escluse dal dibattito pubblico. Pubblichiamo la seconda parte dell’intervento di Gérard Biard, caporedattore di Charlie Hebdo, alle Giornate della Laicità di Reggio Emilia.

Prima parte: La libertà di stampa fra censura e politicamente corretto

Cari amici, vi invito a porvi con me questa domanda fondamentale: abbiamo ancora il diritto di non credere in Dio? Di bestemmiare senza impedimenti? Provate un esperimento molto semplice. Affermate la vostra fede in qualsiasi cosa, dite che credete nell’Immacolata Concezione, nelle previsioni di Nostradamus, nelle rivelazioni del Necronomicon, nei Klingon, nell’autoregolamentazione del Grande Mercato, nel ritorno di Elvis, qualunque cosa voi vogliate. La reazione dei vostri interlocutori sarà immutabile: sarete considerato con gentilezza e interesse, senza nemmeno l’ombra di un sorriso divertito. D’altra parte, provate a dire che non credete a nessuna divinità e che per voi Dio è solo un postulato tutt’altro che verificato, una costruzione fantastica destinata a dare senso alla propria vita per alcuni e, per altri, a esercitare un potere molto terreno e molto esclusivo… Ecco che sarete guardati come se vi foste appena soffiati il naso nella tonaca di un prete.

La religione si è nuovamente affermata come scienza esatta. D’altronde, si parla ora di “fatto religioso”, come se l’esistenza di Dio fosse un fatto provato e non potesse essere discusso. Chiunque si avventuri a contestare questa esistenza o a contrariare un credente è visto come un villano e un intollerante.

Sappiamo fin dai tempi di Darwin che l’uomo non è stato modellato con l’argilla da un dio artigiano. Sappiamo da Edwin Hubbles e dalla dimostrazione del Big Bang che l’Universo non è stato creato in sette giorni, ma si è formato in miliardi di anni. Stiamo avanzando sempre di più nella conoscenza dei viventi, ogni giorno ci porta la prova che la ragione e la ricerca scientifica sono le risposte più sicure da portare all’ignoto, ma agiamo come se fossimo rimasti allo stadio dell’uomo delle caverne che cerca di spiegare ciò che non sa o ciò che lo spaventa attraverso una forza superiore e onnipotente.

Non solo non si può più criticare la fede divenuta dogma, e ancor meno opporvisi, ma la si impone come “valore” ultimo, al di sopra di tutti gli altri.

Bisogna avere la memoria corta. La religione, che non è altro che l’organizzazione della fede ai fini del controllo sociale e politico, è sempre stata più un problema che una soluzione. Ogni ora, in tutto il pianeta, donne e uomini veng…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.