La Russia di Putin, un regime neomercantilista disseminato di focolai di resistenza

In Russia, le persone comprendono che la guerra contro l’Ucraina è una disgrazia. La società è in gran parte schiacciata dalle disuguaglianze ma i focolai di dissidenza e resistenza, sottotraccia, non si spengono.

Venerdì 7 ottobre ero in Italia alla manifestazione lanciata dalla rete Stop alla guerra in Ucraina, la prima manifestazione che si è svolta davanti all’ambasciata russa in Italia da quando è cominciata la guerra, organizzata da piccole sigle della sinistra. So che la sinistra italiana è molto divisa in questo momento e che in gran parte non ha espresso solidarietà al popolo invaso. È un’anomalia diffusa nell’alveo della sinistra in diversi Paesi del mondo occidentale; ma non universale. In altri Paesi come Francia o Germania, le manifestazioni di solidarietà con la società ucraina e contro l’invasione voluta dal Governo russo sono iniziate già a marzo/aprile di quest’anno. Quando si manifesta per la pace, in effetti, dovremmo innanzitutto chiederci: “pace” in che senso? Anche il Governo russo chiede la pace, ma lo fa nel senso orwelliano. Secondo il regime russo, la verità è bugia. E come diceva Orwell, “la guerra è pace”. Le condizioni per la pace secondo la Russia sono che il governo ucraino accetti tutti gli avanzamenti russi sul territorio ucraino e ceda a Mosca una parte enorme dei territori ucraini.

La società ucraina esiste

La manifestazione del 7 ottobre scorso non andava in questo senso: ha affermato la volontà di riprendere in mano l’esigenza della pace dicendo “stop” all’invasione militare russa. Questo l’ha resa ai miei occhi una iniziativa per un’idea di pace giusta.

Invece, sia in Italia sia in altri Paesi d’occidente, una parte della sinistra al momento propugna una visione “geopolitica” abbastanza simile a quella di Putin e di organi di propaganda come Russia Today. Quando parlano di “cessate il fuoco” non chiedono a Putin il ritiro dai territori occupati. Non pensano che questa sia una guerra del governo russo contro il popolo ucraino, quanto piuttosto una guerra fra la NATO e la Russia. Questo è un errore storico capitale. La società ucraina esiste. L’idea che quella in corso sia una guerra fra NATO e Russia cancella totalmente l’autonomia della società ucraina. Per me come sociologo, per molti miei colleghi e compagni, e anche per molti dissidenti russi, questa cancellazione è inammissibile. Noi sappiamo che la società ucraina esiste e resiste. Non è la NATO che ha delegato i combattimenti all’Ucraina. Questo aspetto è fondamentale per capire la situazione. Come sociologo sono molto scettico verso l’assolutizzazione di termini come “popolo” o “nazione”…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.