Paura, emozione necessaria

Una riflessione sulla paura e su come, nonostante il sentimento sia sempre legato a sventura, privazione e sgomento, si possa comunque servirsene e trasformarla in uno strumento utile nell’esistenza.

“Le occasioni di aver paura sono una delle poche cose che non scarseggiano” scriveva il filosofo Zygmunt Bauman nel suo Paura liquida del 2006. Era, ed è, proprio così: perché dalla paura domestica (provata più dalle donne che dagli uomini, sin da piccole, mentre da adulte ne vivono di specifiche e uniche, come ad esempio quella della violenza sessuale) fino a quelle globali per le pandemie, le guerre e il loro turpe corollario sembra che questa nostra epoca ne sia colma.

Provo a ragionare di paura e di come, nonostante il sentimento sia sempre legato a sventura, privazione e sgomento, si possa comunque servirsene e trasformarla in uno strumento utile nell’esistenza.

Qualche indicazione ci può venire dalle affermazioni di due autrici e pensatrici molto diverse tra loro, che suggeriscono entrambe una versione divergente della paura come parte dell’esistenza: “Fai ogni giorno una cosa che ti spaventa”, scrisse Eleanor Roosevelt, mentre Erica Jong confessò “Ho accettato la paura come una parte della vita, in particolare la paura del cambiamento. Sono andata avanti nonostante i battiti nel cuore dicessero: torna indietro”.

Come altre parole, quali crisi, limite, avversità, malattia e persino morte, il concetto di paura è un importante e necessario banco di prova, ineludibile, sia a livello individuale e privato così come collettivo e sociale per testare la direzione da prendere.

Abbiamo, specialmente ora, molta paura, e tuttavia molte di noi provano a stare dentro la realtà continuando, dove possibile, a non farsene travolgere. Motore di tragedie feroci ma anche di trasformazioni gioiose, la paura va riconosciuta, insegnata, governata, accettata.

E mentre Carl Gustav Jung aveva capito che conoscere le nostre paure è il miglior metodo per occuparsi delle paure delle altre persone, la suggestione della scrittrice Susanna Tamaro è che la vera libertà non è fare quello che ci pare, ma vivere come creature libere dalla paura.

Martin Luther King la spiega con questo aforisma, fornendo anche una soluzione per rimuoverla: “Un giorno la paura bussò alla porta. Il coraggio andò ad aprire e non trovò nessuno.”

Per chi si occupa di politica e fa un lavoro connesso con l’attivismo e la cura, (intesa sia come sostantivo che come verbo), un testo che penso utile per trovare spunti sul tema della paura è Storia naturale dei sensi di Diane Ackerman. Perché…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.