Storia del sindacalismo americano e le metamorfosi della lotta di classe

A fronte dei miseri salari offerti dal padronato e dell’incapacità dei sindacati di rappresentare i loro interessi, centinaia di migliaia di lavoratori americani reagiscono in forma individuale, negandosi quale cibo nel banchetto altrui, rifugiandosi nel rifiuto e nell’anonimato. Con un prezzo da pagare: termina, con tale diserzione individuale, un’antica tradizione di solidarietà, che induceva alla coalizione. Finisce con ciò la lotta di classe negli Stati Uniti? Niente affatto. Frammenti sindacali esterni o marginali all’Afl-Cio, la più grande federazione di sindacati americana, raccolgono i più sfruttati degli sfruttati. Con che esiti sarà da vedere.
Storia del sindacalismo americano

Dire che gli Stati Uniti sono uno dei Paesi al cui interno è più acuta la conflittualità sociale può sembrare un paradosso, oppure un’affermazione scherzosa. Invece è proprio così. Ciò significa che i sindacati americani, in maggioranza conservatori ma combattivi, stanno riconquistando l’antica potenza? Niente affatto, è vero il contrario. La colossale Afl-Cio somiglia all’ombra di ciò che è stata.

Riassumo una storia complessa e, per tanti versi, gloriosa. La prima organizzazione dei lavoratori americani, a fine Ottocento, si chiama Knights of Labor, ed è una società segreta molto vasta (e non troppo segreta). I suoi dirigenti, però, si sentono attratti più dalle sirene della politica che dai conflitti di lavoro. Perdono credibilità. Sono sostituiti ed emarginati, fino a estinguersi, da una forza più agile e forte: la Federazione americana del lavoro (American Federation of Labor-Afl). Il suo fondatore, l’ex sigaraio Samuel Gompers, allora di idee socialdemocratiche, raggruppa i lavoratori più qualificati per categoria, gelosi della propria abilità e delle proprie prerogative salariali. X

È una scelta infelice, perché all’interno di uno stesso ramo industriale, o addirittura entro una stessa azienda, sorgono sindacati quasi artigianali in perenne concorrenza reciproca. Gompers è categorico: vanno tenuti alla larga i lavoratori non qualificati e precari, visti come minaccia allo status acquisito dagli operai professionali. La Afl impone quindi costose quote d’iscrizione, capaci di allontanare i paria, e in cambio garantisce ai suoi paghe sempre migliori e un embrione di assistenza sociale.

Di opinione assolutamente opposta è la Industrial Workers of the World (Iww), organizzazione fondata nel 1905 che si richiama al sindacalismo rivoluzionario. I lavoratori vanno organizzati non per mestiere ma per settore industriale, anche perché è lì che prende forma una futura società socialista; gli operai meno stabili, più deboli, meno qualificati hanno diritto al primo posto, dato che rappresentano le trasformazioni in corso della società statunitense e sono numericamente maggioritari.

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Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.