ChatGPT e la fine dell’intelligenza nel mondo accademico

Se la produzione accademica di ChatGPT è indistinguibile dal lavoro accademico è perché il mondo accademico è ormai diventato una fabbrica di ChatBot. Nei dipartimenti di studi umanistici in particolare, l’esercizio del pensiero critico da tempo è stato sostituito dalla rimodulazione di strutture semantiche sempre uguali, in quanto lo scopo della lingua non è esporre ricerche, bensì ribadire dogmi.
L'università dell'intelligenza artificiale di Abu Dhabi

Chi lavora nell’amministrazione del mondo accademico non può che rallegrarsi al pensiero che un giorno sarà ChatGPT a scrivere paper al posto degli studenti e a valutarli per conto dei loro docenti: stando agli attuali standard, infatti, la qualità del lavoro accademico è destinata a migliorare.

È vero: gli studenti stanno iniziando a consegnare lavori redatti dall’intelligenza artificiale e c’è naturalmente di che preoccuparsi. Ma questo è niente rispetto al fatto che siano gli stessi docenti e studiosi a fare lo stesso in proporzioni simili. Considerando l’anonimato intellettuale degli studenti in aula e la presenza anodina dei docenti, che spesso hanno basato le loro carriere accademiche sulla critica dei meriti tecnici e disciplinari e che raramente leggono materiale accademico, si può immaginare la vastità del problema.

Si può presumere che questa negligenza e inettitudine stiano trovando una potente ancella nell’IA, che può essere usata per creare piani di studio, scrivere lezioni, progettare compiti, correggerli e valutarli. Allo stesso tempo, è probabile che l’IA venga utilizzata per scrivere e valutare articoli, modificare contributi e altro ancora. Sappiamo che l’uso dell’IA per fare sintesi di letteratura accademica è già diffuso, e questo potrebbe portare a una ulteriore riduzione della lettura di testi accademici.

A proposito dell’uso dell’IA in un contesto pedagogico, Buzzfeed ha dato conto dell’utilizzo di strumenti basati sull’intelligenza artificiale per individuare lavori realizzati con l&#…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.