Identità: quando la razza distoglie dalla classe

La cosiddetta sinistra woke americana mette al centro del suo discorso sempre più il concetto di identità, tre le altre quella razziale. Ma accomunare gli esseri umani sulla base del vago concetto di razza distoglie l’attenzione dalle reali disuguaglianze determinate dall’appartenenza di classe. E basta osservare con attenzione una semplice trasmissione della TV americana per accorgersene.
Identità razza classe

In un improvvisato accampamento di ricerca sul campo che avrebbe fatto invidia a Gustav Fritsch, Louis Gates Jr. – professore di black studies a Harvard, intellettuale pubblico e personaggio televisivo – ha radunato un piccolo gruppo di uomini dalla pelle scura, che ha fatto stare in piedi in semicerchio davanti alla telecamera. In uno degli episodi della serie incentrata sul concetto di razza Black in Latin America, uno dei più grotteschi che la televisione americana abbia mai prodotto – e parliamo di una macchina che non ha quasi mai mostrato alcun freno nel produrre e promuovere il grottesco e l’osceno – il professore di Harvard, con indosso una vistosa uniforme di lino chiaro adatta ai tropici, chiede a questi braccianti    seminudi di allungare le braccia e di tenerle una accanto all’altra per valutarne e confrontarne la pigmentazione.

I brasiliani di Sao Salvador, una delle aree urbane più violente e depresse del Brasile, obbediscono ed esibiscono le loro varie sfumature di umanità per includerle nel catalogo razziale di Gates. Con un tono di divertita incredulità, il professore spiega poi ai suoi accoliti americani che assistono da Cambridge e da New York che questi uomini seminudi, incredibilmente si definiscono neri – e Gates esprime la sua sorpresa ad ampi gesti. Per rivendicare la sua appartenenza al gruppo, Gates vi si unisce accostando il proprio braccio a quello degli altri, prima di concludere riabilitando i suoi prigionieri con parole di fratellanza e di quella che oggi chiamiamo inclusione: “La cosa buona”, dice, “è che siamo tutti neri”.

Forse è necessaria una comprensione delle voci e delle inflessioni degli uomini di Bahia per accorgersi del senso di imbarazzo da loro provato di fronte a questo progetto improvvisato di antropologia coloniale. Gli uomini docilmente obbediscono e, piuttosto che disprezzo, le loro voci sembrano esprimere una paterna tolleranza. I turisti americani hanno bisogno di ricevere spiegazioni che la maggior parte degli altri adulti non necessitano. L’imbarazzo è, a volte, il prezzo dell’ospitalità.

Questo non è l’unico o il più recente esercizio pubblico di eugenetica pop che io ricordi operato da parte del progressismo americano. Sono successe molte cose in seno alla sinistra americana nel decennio trascorso dalla prima volta che vidi il programma della PBS. Tuttavia, la piccola escursione di Gates nei territori oscuri dell’antropologia imperiale è quella che mi è rimasta impressa con la fedeltà di un incubo ricorrente, anche dopo la moltitudine di barbarie che il circo chiamato “paesaggio culturale e politi…

Autonomia differenziata, fermiamola ora o sarà troppo tardi

L’Autonomia Differenziata è un progetto politico che lede la natura della Repubblica Italiana, sancita dalla Costituzione come “una e indivisibile”, foriero non solo di inammissibili disuguaglianze ma anche di inefficienze. Contro di essa si sono espressi costituzionalisti, istituzioni, soggetti politici, sociali ed economici, fino ad arrivare alla Commissione Europea. Eppure il governo procede a spron battuto nel volerla attuare, mostrando i muscoli e tappandosi le orecchie. Contro questo scellerato agire a senso unico bisogna agire ora, altrimenti – considerando il criterio della decennalità – sarà davvero troppo tardi.

Regionalismo differenziato o centralismo diffuso? L’autonomia differenziata punta a demolire il Parlamento

La legge sull’autonomia differenziata rischia di diventare una utile stampella al premierato, di rafforzare, più che il regionalismo differenziato, un “centralismo diffuso” che consente al Presidente del Consiglio di negoziare con le singole regioni, esautorando totalmente il Parlamento dalle sue funzioni; e, con esso, svuotare di sostanza la Repubblica democratica.

La guerra contro lo Stato condotta dal liberismo della “sussidiarietà”

Pubblichiamo un estratto del libro di Francesco Pallante “Spezzare l’Italia”, Giulio Einaudi Editore, 2024. In questo volume, il costituzionalista argomenta in profondità le ragioni di una battaglia per fermare il disegno eversivo dell’autonomia differenziata, il quale, come spiega nel capitolo di seguito, trae origine anche dalla visione, intrisa di liberismo e populismo al tempo stesso, tale per cui lo Stato sia automaticamente un “male necessario” e le istituzioni “più vicine ai cittadini” consentano un beneficio. Una visione che nega alla radice la politica, vale a dire l’opera di mediazione e sintesi che è in grado di tenere insieme la società.