Violenza sulle donne, non serve una legge ma una buona legge

Il governo ha recentemente approvato un ddl che si propone di contrastare la violenza sulle donne e i femminicidi. Si tratta di una misura emergenziale e per questo manca ancora una visione d’insieme strategica capace di allargare lo sguardo ai modelli, seppur perfettibili, europei. Analizziamo i casi di Francia, Austria e Spagna per trarne delle utili indicazioni.

L’ondata emotiva che ha scosso l’opinione pubblica a seguito del femminicidio di Giulia Tramontano, la ventinovenne incinta brutalmente uccisa per mano del compagno, ha portato il Governo a dare una risposta emergenziale ad un fenomeno che sfugge le norme indicate nel disegno di legge pensato per arginarlo, attraversando in modo tenacemente strutturale orizzonti culturali vasti che toccano ogni appartenenza sociale, a ogni latitudine. Manca ancora una visione d’insieme strategica capace di allargare lo sguardo ai modelli, seppur perfettibili, europei. Per ovviare ad una declinazione della realtà filtrata con la lente degli stereotipi o, peggio, con quel piglio legalitario che sottende la vittimizzazione secondaria, è indispensabile riconoscere in maniera chiara la natura della violenza contro le donne come manifestazione di una relazione di potere storicamente diseguale fra i generi e avviare con urgenza un confronto con la società civile per meglio orientare bisogni, politiche e azioni volte a un’adeguata sensibilizzazione e formazione di coloro che, a vario titolo, sono coinvolti nel processo di prevenzione e contrasto. “Questo provvedimento avviene in giorni in cui sono accaduti femminicidi che hanno colpito, commosso e sconvolto l’opinione pubblica, ma era in cantiere già da tempo. Abbiamo una buona legislazione, ma è stato necessario intervenire su alcune smagliature nell’applicazione delle norme contro la violenza”, ha detto la Ministra per la famiglia, la natalità e le pari opportunità Eugenia Roccella che, di concerto con il ministro dell’interno Matteo Piantedosi e il ministro della giustizia Carlo Nordio, ha presentato il ddl contenente le misure di contrasto alla violenza sulle donne approvato in Consiglio dei ministri il 7 giugno.

L’ipotesi di legge, che dovrà trovare attuazione in Parlamento, tanto che se ne prevede la procedura d’urgenza, nei suoi assi principali interviene sul codice penale inasprendo le pene e aumentando le ipotesi di arresto, riprendendo alcune disposizioni previste dalla normativa antimafia. Il provvedimento, al netto della clausola di invarianza finanziaria, prevede il rafforzamento delle misure cautelari, dell’ammonimento, della sorveglianza speciale di pubblica sicurezza allargato anche ai reati spia, dell’arresto in flagranza differita, dell’uso del braccialetto elettronico. Sancisce l’obbligo di rispettare la distanza minima di avvicinamento di 500 metri anche dai luoghi frequentati dalla persona offesa, potenzia le competenze della Procura della Repubblica indicando la priorità per i processi in materia di violenza e ampliandone le fattispecie ed accelera entro un termine di 30 giorni la valutazione del rischio da parte del PM e di altrettanti 30 per emettere la custodia cautelare da parte del GIP.

“Siamo partiti da quello che già c’è: su questo tema è fondamentale un accordo trasversale. Con il governo Draghi c’è stata una proposta firmata da tre ministre, poi le risultanze della Commissione femminicidi, dalla linea del Codice rosso”, ha dichiarato la Ministra. Ed è proprio questa continuità che vede la principale forza d’opposizione dare un giudizio sostanzialmente positivo rilevando però la scarsità di formazione e di stanziamenti economici “Bene che il Governo abbia raccolto molte delle indicazioni emerse dalla Commissione per il femminicidio, a cui il Pd ha dato un forte contributo. Servono però risorse. Il ruolo dei centri antiviolenza è fondamentale: è importante che siano coinvolti nei percorsi di formazione sia per la giustizia che per le scuole”, ha affermato la Segretaria Elly Schlein in una conferenza stampa al Nazareno indetta il gio…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.