Prigozhin e Putin, l’oscuro patto fra pubblico e privato che segna il neomercantilismo russo

Il putsch e il successivo perdono presidenziale di Putin nei confronti di Evgenij Prigozhin potrebbero essere parte di un patto fra Signore della guerra pubblico e Signore della guerra privato, in una situazione in cui la Russia vive una fase neomercantilista simile a quella del capitalismo seicentesco. Molti, nell’entourage di Putin, gli rimproverano di aver abbandonato la funzione burocratica presidenziale per concentrarsi solo sulla guerra e Prigozhin potrebbe avergli offerto una via d’uscita.
Prigozhin e Putin

Il tentato putsch del 24 giugno scorso in Russia non è stato esattamente un fulmine a ciel sereno. Negli ultimi mesi, Evgenij Prigozhin aveva lanciato molti discorsi che lo presentavano come il protagonista di una rivoluzione antielitista. Aveva criticato più volte il ministero della Difesa e i funzionari di alto livello nel Cremlino; aveva risparmiato la persona di Putin dalle sue critiche ma aveva fatto capire che anche l’entourage più prossimo a Putin non doveva esserlo, bensì doveva essere criticato, punito e se necessario rimosso. Si è presentato come una specie di Trump armato di esercito: un finto outsider pienamente integrato, in realtà, nei giochi del potere.

L’appaltatore del Cremlino che opera nell’ombra

Prigozhin, personaggio eclettico, autore di un inquietante quanto rivelatore libro per bambini, imprenditore conosciuto nel contesto bellico come un Signore della guerra proprietario dell’importante armata Wagner, è un personaggio di primo piano nel modello di un capitalismo in mutazione nello Stato russo; modello per il quale avevo proposto, in un’altra pubblicazione su MicroMega, la definizione di “capitalismo neomercantilista”. Consiste in una formazione governativa, ma composta anche di partenariati pubblico-privato che si trasforma e muove dai principi neoliberisti della produttività, del libero scambio finanziario e di manodopera, verso l’ossessione del territorio, delle risorse naturali, della densità di popolazione e della sicurezza del perimetro sovrano, il quale va allargato per assicurare il benessere economico e politico.

La figura di Prigozhin e delle sue imprese negli ultimi dieci anni illustrano perfettamente questa mutazione verso un modello neomercantilista. Perché Prigozhin ha fondato il suo business sì sulla milizia privata ma prima ancora, come è stato più volte detto dai giornali, sul business della produzione dei pasti; per questo viene chiamato a volte “lo chef del Cremlino”. In qualità di protagonista della mutazione neoliberista dello Stato russo, uno dei suoi primi passi è stato vincere gli appalti per fornire pasti al governo e agli enti pubblici. Non ha cucinato solo per Putin o la sua cerchia, ha fornito una produzione di pasti di massa per caserme, scuole e istituzioni; tutte realtà all’interno delle quali la qualità del cibo era un argomento, diciamo, piuttosto secondario. Ha ottenuto velocemente una posizione di quasi-monopolio sul mercato dei contratti alimentari statali, passandosene già dal lato mer…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore,
Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio
di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze,
le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.