Scrittrici e antologie scolastiche, l’intollerabile omissione

Se scorgiamo anche velocemente le antologie scolastiche, a cui spetta il compito di delineare il Canone letterario, ci accorgiamo con facilità di quanto le autrici ne risultino assenti. Eppure per delle giovani menti in formazione è fondamentale, in una prospettiva sia storica sia contemporanea, usufruire di esempi letterari forniti da più punti di vista. La strada da fare è ancora lunga ma per fortuna il vento inizia piano piano a cambiare.

La narrazione culturale che si è sviluppata sui libri di testo e le antologie scolastiche fino ai giorni nostri appare consolidata solo sulla metà dell’umanità e nessuno fino a poco tempo fa sembrava farci caso. La letteratura italiana è sempre stata dominata dalle figure maschili, ma le donne in letteratura non sono mosche bianche e il Novecento italiano ne è ben popolato. Un esempio fra i tanti che meriterebbero trattazioni più ampie è quello di Alba de Céspedes, il cui romanzo d’esordio, Nessuno torna indietro, le valse il Premio Viareggio. Ma fu proprio quel romanzo, che ebbe enorme successo di pubblico e di critica, a legare la parola scandalo al suo nome. La storia narra la vita di otto ragazze e la loro femminilità assolutamente estranea all’idea fascista dell’angelo del focolare: con l’aspirazione di una vita libera e indipendente, una di loro rifiuta persino la prospettiva di diventare madre e preferisce la via della prostituzione. De Céspedes dovrà comparire diciassette volte davanti alla commissione della censura fascista e ogni volta, alla domanda “Lei si vergogna di aver scritto questo libro?”, risponde “No”. Si rifiuterà di modificare il suo testo e questo le costerà un breve periodo di detenzione e il ritiro del Premio Viareggio.

Far luce su episodi che investono la letteratura femminile, dando uno sguardo a tutto tondo su quella che è stata la società italiana in un determinato periodo storico, significa porsi trasversalmente alla singola materia letteraria per addentrarsi nella storia in tutti i suoi meandri non fatti solo di date.

Nei libri scientifici non viene citata Marie Curie, Nobel nel 1903 e nel 1911. Lo stesso vale per Grazia Deledda, vincitrice del Nobel nel 1926. Sui libri di testo di oggi si omette accuratamente di dire che l’antica Ipazia, scienziata del quarto secolo dopo Cristo, donna libera che anticipò il pensiero di Galileo, scelse di non sposarsi, rifiutò il battesimo e finì per essere linciata dalla folla. Nei volumi di astronomia non compare Samantha Cristoforetti, la prima donna italiana a entrare nell’equipaggio dell’Agen…

Un giovane scrittore fra la Columbia University e Parigi

La testimonianza di uno dei protagonisti della letteratura mondiale che ha vissuto il movimento come studente alla Columbia University. Dopo un breve periodo a Parigi prima del Maggio francese, decisivo nella sua formazione di giovane scrittore, Paul Auster partecipa all’occupazione dell’università americana, vivendo in prima persona la protesta studentesca. Dall’assassinio di Martin Luther King agli echi della Primavera di Praga, passando per i tumulti di Chicago, si interroga sulle speranze, le lotte e gli errori della sinistra americana. Testo originariamente pubblicato sul volume MicroMega 1-2/2018 “Sessantotto!”, che qui condividiamo in omaggio al grande scrittore scomparso il 30 aprile 2024.

Liberazione del lavoro o dal lavoro?

Il lavoro, nella società capitalista, serve solo secondariamente, anzi accidentalmente, a soddisfare veri bisogni umani. La sua ragion d’essere è la realizzazione del solo e unico scopo della produzione capitalista: trasformare cento euro in centodieci euro e così via. Bisognerebbe quindi abolire molte delle attività che si svolgono oggi, e reinventare le altre. Il che si tradurrebbe anche in molto più tempo a disposizione. Rifiutare il lavoro non significa però non fare niente, bensì valutare – individualmente e collettivamente – quali sforzi si vogliono intraprendere, in vista di quali risultati.

Lavoro digitale e sindacalismo: unire le forze quando si lavora da soli

La disgregazione dei rapporti sociali un tempo intessuti sul luogo di lavoro dovuta alla digitalizzazione e all’avvento di Internet ha avuto una ricaduta anche in termini di diritti e tutele. Lavorando da casa o comunque da remoto, spesso da soli, non è certo facile sentirsi parte di una categoria che condivide interessi e rivendicazioni. Ma, per quanto ci si possa sentire atomi isolati e dispersi, spesso abbandonati da uno Stato che non riesce a stare al passo con le rapide trasformazioni del mondo del lavoro attuale, si ha comunque modo di associarsi e farsi valere. A spiegare come sono Giulia Guida e Lia Bruna della CGIL e Mattia Cavani e Giovanni Campanella di Acta, l’associazione dei freelance.